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L’appello: la chiesa aiuti le famiglie dei bulli – Le discordanza tra scuola e servizi sociali

fonte lavocedimanduria.it

Mentre l’interesse delle cronache ieri era spostato a Taranto dove erano in corso gli interrogatori di garanzia degli otto indagati, sei minorenni e due maggiorenni accusati di torture, violenze ed altri reati nei confronti del pensionato di Manduria Cosimo Antinio Stano, sulle cui cause di morte deve ancora dire tanto l’autopsia, a Manduria il dibattito si spostava sul fronte sociale. E su questi temi fanno sponda le istituzioni assistenziali ed educative da una parte che si contraddicono su chi e quando sono venuti a conoscenza di un video delle torture sul pensionato, e dall’altra parte la chiesa.

A parlare per quest’ultima è padre Gabriele Maccariello, per più di mezzo secolo sacerdote della parrocchia di San Michele Arcangelo di Manduria, voce fuori dal coro tra chi invoca pene severe per i componenti della baby gang e chi si preoccupa solo di allontanare da sé ogni responsabilità.

«Tutti puntano il dito contro i bulli – dichiara il religioso -, non rendendosi conto che le vittime sono proprio loro; fossi io il vescovo – aggiunge padre Gabriele -, andrei dal procuratore e mi farei dare tutti gli indirizzi delle loro famiglie perché adesso hanno bisogno di aiuto». Anche lui noto alle cronache per la vicenda della lavanda dei piedi degli stranieri durante la Pasqua del 2018, quando con un suo collega si rifiutò di eseguire il rito per incomprensioni sorte tra i due sacerdoti, nessuno meglio di padre Gabriele può capire il peso della gogna mediatica (lo «scherzo» gli costò il trasferimento in un’altra regione). «Immagino quei ragazzi e le loro famiglie che non potranno più uscire da casa e che resteranno marchiati per sempre come gli autori di quei terribili video e per questo dico che le persone di buona volontà e soprattutto la chiesa devono stare al loro fianco».

Il religioso è seriamente preoccupato per il futuro degli otto ragazzi che così giovanissimi si devono difendere da reati pesantissimi per cui la Procura li ha definiti «microcriminali organizzati». «Hanno sicuramente sbagliato e per questo pagheranno se la magistratura lo deciderà, ma mi piange il cuore pensare alle difficoltà che avranno ad integrarsi e a relazionarsi con i loro coetanei e nel tessuto cittadino che li emarginerà a vita». Per questo invoca la sua religione a fare qualcosa. «Purtroppo non sono più a Manduria, altrimenti farei di tutto per spostare l’attenzione su questi problemi serissimi. Ad esempio – aggiunge – proporrei più che una marcia in ricordo del povero Antonio, una preghiera collettiva per salvare questi ragazzi e le loro famiglie».

Sul fronte sociale, invece, si registra un rimpallo di responsabilità tra l’istituto scolastico frequentato da uno dei minori indagati che mostrò il video delle violenze ad una professoressa e i responsabili dei Servizi sociali del comune di Manduria. Nelle due ordinanze di fermo partorite dalle due procure tarantine titolari dell’inchiesta, quella ordinaria e la minorile rispettivamente dirette da Carlo Maria Capristo e Pina Montanaro, è descritto l’episodio da cui nasce lo scontro istituzionale. Secondo la direzione dell’istituto scolastico in questione, del gravissimo avvenimento furono informati i servizi sociali per i provvedimenti del caso. Dagli uffici comunali, dove già avevano negato di essere venuti a conoscenza dell’esistenza dei problemi del pensionato morto, hanno risposto con una nota ufficiale in cui si ribadisce di non aver mai saputo niente delle condizioni di Antonio Cosimo Stano, ammettendo che «dopo il ricovero del signor Stano – si legge nel comunicato stampa -, è giunta una telefonata da parte di una docente dell’istituto superiore Einaudi di Manduria», che dava conto dell’accaduto. «L’assistente sociale, raccolta l’informativa e tenuto conto che la stessa era riferita ad un minore già in carico ai servizi – scrive la commissione straordinaria della città Messapica -, ha provveduto sollecitamente» a convocare il ragazzo e i suoi genitori «relazionando in data 18 aprile 2019 – specifica la nota – al Tribunale per i minorenni di Taranto per gli eventuali provvedimenti di propria competenza».La scuola rettifica e precisa: «È vero solo in parte – dichiara la dirigente –, perchè noi la comunicazione del video l’abbiamo fatta il giorno stesso in cui l’abbiamo visto, il 4 aprile». Cioè due giorni prima che il povero Antonio finisse in ospedale.