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Puglia, scandalo protesi: pagate più del doppio della media nazionale

Una placca per il femore viene pagata 446 euro contro i 179 del resto d’Italia

fonte lagazzettadelmezzogiorno.it

La Puglia paga i dispositivi medici (le protesi, ma non solo) a un prezzo medio doppio o a volte quasi triplo rispetto a quello nazionale. A dieci anni dallo scandalo di Gianpaolo Tarantini, oggi commerciante di abbigliamento di lusso tra Roma e Cortina, nulla sembra essere cambiato. Colpa, secondo la Regione, di «vecchi contratti, non più in linea con le attuali condizioni di mercato»: un «regalo» che per soltanto per viti, placche e chiodi vale 5,5 milioni, e che per l’intero comparto dei dispositivi arriva a 13,3 milioni di euro.

Per questo nei giorni scorsi, su proposta del capo dipartimento Giancarlo Ruscitti, la giunta regionale ha approvato un piano di razionalizzazione degli acquisti. In attesa del completamento delle gare uniche, le Asl dovranno aderire alle convenzioni Consip, effettuare appalti-ponte oppure, se gli scostamenti sui prezzi medi sono «importanti», chiedere direttamente una rinegoziazione alle ditte fornitrici. La stretta riguarda non solo i dispositivi per l’osteosintesi (quelli che si usano, ad esempio, per la riduzione delle fratture del femore), ma anche le protesi, in particolare quelle per l’anca e il ginocchio, e le lentine intraoculari. Cioè esattamente le stesse forniture su cui, tra 2007 e 2009, si concentrarono le indagini che portarono allo scandalo sanità in Puglia: medici particolarmente «sensibili» a promesse di regali e favori acquistavano i prodotti commercializzati dalle società della famiglia Tarantini. Dopo i primi arresti la Regione è corsa ai ripari intervenendo sulle tariffe. Ma i dati del nuovo monitoraggio dicono che forse non è bastato.


A fronte di un tetto di spesa (il 4,4% del fondo sanitario) pari a 326 milioni nel 2018, lo scorso anno le aziende sanitarie pugliesi hanno speso circa 463 milioni (il 2018 chiuderà più o meno in linea). Un esame dei dati del 2017 ha fatto emergere che il cuore del problema risiede nelle protesi impiantabili e nei dispositivi per l’osteosintesi, che per il 95% è concentrata su sole quattro categorie: di queste, soltanto per una (le protesi vascolari e cardiache, che pesano per il 28%) la Puglia si mostra in linea con le medie nazionali.

Non così per i dispositivi che si utilizzano per ridurre le fratture, per i quali ogni anno la spesa sfiora i 10 milioni di euro. In Puglia una placca per osteosintesi viene pagata in media 446 euro contro i 179 della media nazionale, mentre un chiodo ne costa 380 contro 205 e un fissatore esterno 306 contro 128. A meno di casi particolarissimi e delle preferenze del medico, questi dispositivi ortopedici sono tutti considerati fungibili (hanno cioè caratteristiche e prestazioni simili) per cui – sulla carta – uno vale l’altro: la legge già impone di acquistare quello meno costoso. Tuttavia gran parte degli ospedali pugliesi utilizza listini molto vecchi, anche di cinque anni o più, listini che non tengono conto della diminuzione dei prezzi. Un altro esempio sono le lentine intraoculari per la cataratta (all’epoca oggetto di una indagine dei Carabinieri, coordinati dalla Procura di Brindisi, affondata nelle sabbie della prescrizione): in Puglia si spendono 4 milioni di euro l’anno, a un costo medio di 138 euro a pezzo contro un prezzo medio nazionale di 108. Il solo allineamento porterebbe un risparmio pari a 800mila euro l’anno.


La soluzione al problema dei vecchi prezzi è appunto nelle gare centralizzate (quando si fanno) e nel ricorso alle convenzioni Consip, che di norma garantiscono prezzi vicini (a volte più bassi) rispetto alle medie di costo. La Regione ne parla almeno dal 2014, con il presidente Nichi Vendola. Emiliano, appena arrivato, ha dato nuovo impulso alla centralizzazione ipotizzando un risparmio di 300 milioni di euro l’anno, il 10% della spesa per servizi e forniture. Il piano, lanciato nel 2016, resta tuttavia sulla carta proprio per la lentezza nell’aggiudicare le gare uniche.