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Sanità pubblica: ma in che mani siamo?

Sulla nostra sanità si scrive e si parla molto. Nulla però è più chiaro ed efficace di un’esperienza personale. Giorni fa sono stato testimone di ciò che accade quando hai bisogno, purtroppo, del nostro Sistema Sanitario Nazionale. A causa di un problema di salute improvviso ed allarmante, mi son recato (prima tappa di un “piccolo calvario”) presso la guardia medica locale, data l’ora tarda e la chiusura del medico curante.

Qui, senza neanche visitarmi, mi prescrivono cortisone e mi invitano ad andare al pronto soccorso. Speranzoso di una visita più approfondita, mi reco al nosocomio di Manduria, al Pronto Soccorso. Mi trovo davanti ad una bolgia dantesca: file interminabili, caldo, animi surriscaldati, svenimenti per ritardi nei soccorsi, poche sedie a disposizione, un medico e due infermiere ad accollarsi le urgenze di un bacino di utenza di migliaia di persone, persone entrate alle sei di pomeriggio ed uscite a mezzanotte.

Mi armo di pazienza e aspetto il mio turno. Arriva, dopo ore. Una visita fugace, puntura di cortisone e via. Se hai ancora bisogno vai da uno specialista. A questo punto un cittadino qualunque, data anche la pressione fiscale al 42,4%, si aspetta che un servizio costituzionalmente garantito e, comunque alquanto scadente, sia almeno gratuito. Invece no! Ho dovuto pure pagare 55 € a titolo di non so cosa, per il solo fatto di aver usufruito del Pronto Soccorso, un servizio pubblico essenziale.

E mi è andata pure bene, dato che il malessere fisico si è poi risolto. Non oso immaginare il calvario di chi, purtroppo, ha problemi più seri ed ha a che fare con la sanità italiana e le sue storture e lentezze. A meno che non vai dai privati e paghi. Tutto questo è inaccettabile. E finché sentiremo frasi del tipo “questa è l’Italia, che ci vuoi fare?” oppure “così vanno le cose, non lo sapevi?”, non cambierà mai nulla. Però, nelle sale d’attesa degli ospedali, almeno non lamentatevi.

Avv. Mirko Giangrande Presidente di Azione Liberale