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dai lettori

L’OMOSESSUALITÀ

Oggi riflettevo su un tema che accavalla diverse forme espressive affettive…e non solo.

Ho notato che nella vita di ogni giorno siamo tutti bravi a fare da capitano di giudizio sulla vita privata di altri non considerando il fatto che sotto questo cielo siamo tutti uguali seppur figli di genitori diversi.

Prendo in esame la parola  “ omosessualità” , secondo voi, quale forma misteriosa d’affetto si nasconde dietro? Sapete realmente cosa sia?

Sull’omosessualità spesso si ascoltano commenti ad intermittenza poco eloquienti e figli di una signora ignoranza, purtroppo a volte la mente e’ così circoscritta che incarna solo tanta ristrettezza.

Siamo circondati da una limitata ragione del buon senso civico e collettivo e puntiamo il dito etichettando un soggetto con cattivo gusto e cattiveria.

In onor di tutto ciò voglio rendervi partecipi a leggere con cura uno scritto, un testo a mio avviso meraviglioso che delinea tutto un mix di emozioni.

L’autore è uno sceneggiatore, Francesco D’Apolito, leggete aprendo mente e anima…

CHI È IL MOSTRO  testo di Francesco D’Apolito Io non ho colpe,
non ne hanno i miei genitori o il sistema in cui ci troviamo a vivere,
non è colpa della tv o del benessere di cui ha usufruito la mia generazione,
ne della genetica,
sei io sono questo è solo perché amo,
si!
Amo gli uomini,
amo il mio stesso sesso,
cosa c’è di cattivo in questo?
Dio stesso ama la sua opera,
che sia uomo o donna
l’amore è una cosa naturale,
l’essere attratti è intrinseca nella natura dei viventi.
Cosa c’è di sbagliato in questo?
Ho vissuto buona parte della mia vita nascondendo il mio orientamento sessuale,
per paura,
ora che sono cresciuto,
non riesco più ha dare una motivazione a tutta quella paura,
ero convinto che gridare al mondo ciò che sono avrebbe fatto soffrire tutti coloro che mi circondavano,
ora mi rendo conto che la vera paura era nel cuore degli altri,
di chi non mi voleva accettare perché la loro mente era troppo limitata per vedere quanto amore c’era dentro di me.
Abbiamo voluto etichettare il più grande potere dell’uomo,
due donne che stanno assieme sono lesbiche,
due uomini che stanno assieme sono omosessuali,
quello fra un uomo e una donna è etero,
ma abbiamo dimenticato il fattore che accomuna queste diciture,
il donare amore ad un’altra persona.
Sono nato e cresciuto fino alla maggiore età in un piccolo paesino del meridione,
un luogo tranquillo e sereno,
ma traboccante di primitiva rozzezza,
gente semplice ma ignorante,
uno di quei paesini dove gli adulti se ne stavano in piazza a parlare e sparlare di tutti e le donne a casa a guardare le soap argentine di Veronica Castro,
dove la mentalità più comune è l’uomo cacciatore,
la donna preda,
dove per essere uomo bisognava aver avuto quante più tacche possibili sulla cintura e vantarsene la sera dopo con gli amici,
narrando di imprese paragonabili solo a grandi poemi epici,
e la donna che intuiva tutto,
ma l’importante che il marito la sera ritornasse a casa a dormire nel proprio letto.
Per questa gente io ero il freak,
il mostro,
il diverso,
e tale mi sentivo.
Quante notti ho pianto nel buio della mia cameretta sperando in un miracolo o che fosse tutto un brutto sogno.
Nulla di ciò è vero,
il vero mostro è colui che vive nell’oscurità della vita,
non provando amore né per sé né per gli altri.
Mi chiamo Patrizio,
I miei genitori mi hanno voluto dare questo nome perché ha un significato importante,
ha origine dal latino Patricius,
era il nome che veniva dato alla classe d’èlite dell’antica società romana,
da ragazzo invece mi riconoscevo di più in ciò che diceva Plutarco,
secondo lui,
erano quei cittadini illustri e potenti che aiutavano i più deboli e indifesi del popolo,
ed è quello che ho sempre fatto nella mia vita,
andare in aiuto dei bisognosi d’amore,
credetemi;
anche se con il senno di poi ho capito che il bisognoso d’amore non ero altro che io.
Quando ero giovane le cose andavano in modo differente da oggi,
noi stavamo più a contatto l’uno con l’altro,
anche se tracimanti d’ignoranza,
quando qualcuno capiva della mia omosessualità,
mentre passeggiavo per le vie del mio piccolo paesino,
il massimo che ti poteva capitare era qualche insulto o qualche chiacchiericcio sottovoce,
non come ora che nonostante la modernità raggiunta l’essere ha fatto un passo indietro nell’evoluzione e aggredisce chi ha una tendenza sessuale differente dalla loro.
Tutti hanno sempre sospettato della mia attitudine,
tutti!
tranne mio padre,
anche se credo che sia stato l’unico ad accettare passivamente i miei gusti sessuali.
Mio padre era un dipendente comunale addetto al servizio anagrafe,
un uomo silenzioso,
ubbidiente,
sempre con il capo chino,
non credo di aver visto mai il colore dei suoi occhi,
totalmente sottomesso al volere di mia madre,
lei a differenza di mio padre era una liberticida timorata di Dio,
era lei che dettava le regole della condotta familiare,
ed era lei che impartiva le punizioni da dare in caso di errori e non.
Fin da piccolo,
come tutti i bambini ho scoperto l’autoerotismo,
per me un semplice gioco,
per mia madre un atto del demonio,
che bisognava punire in modo drastico e violento.
Tanto da crearmi un vero e proprio rifiuto del mio organo genitale,
faccio la pipì seduto da sempre,
dai tempi del vasino
Avendo un padre invertebrato,
crescendo presi come modello mia madre,
cercavo di imitarla,
mettevo i suoi collant,
i suoi vestiti,
le sue scarpe e con il tempo mi misi ad usare i suoi trucchi,
ed ogni volta che mi beccava intento ad imitarla erano botte,
mi picchiava e chiedeva aiuto a Dio,
per far sì che il mio comportamento cessasse.
Gli anni passavano ed io mi sentivo instabile privo di una identità,
non riuscivo a frenare le mie pulsioni verso il mio stesso sesso
mi feci convincere da mia madre che fossi malato,
dato che i dottori non avevano cure,
se non con psicofarmaci,
mia madre mi indirizzò verso la sua chiesa,
chiedendo aiuto al suo parroco,
essendo per lei un atto del demonio solo Dio poteva aiutarmi.
Mi aggregai ad un gruppo d’incontro organizzato dall’arci diocesi,
ero il più piccolo avevo circa 13 anni,
intorno a me c’era gente con svariati problemi,
ma tutti con un senso in comune,
quello di essere sbagliati.
Ci si metteva seduti in cerchio e il più delle volte raccontavamo il nostro vissuto,
l’esperienze che ci avevano portato a stare seduti lì in quella stanza,
dopo l’incontro il parroco che seguiva la terapia,
perché di questo si trattava,
di una terapia per recuperare il nostro vero io,
ci portava in una stanza adiacente e ci faceva confessare,
finita la confessione,
dopo che dai miei occhi venivano fuori lacrime come cascate,
mi accarezzava una coscia stringendola forte fra le dita,
come gesto consolatorio,
dicendomi che con la preghiera sarei guarito dalla mia malattia,
dopo qualche tempo il parroco fu arrestato per molestie a non so chi,
e per un po ci fu un altro mostro da deridere.
Andando avanti con gli anni,
la mia condizione mi deteriorava dall’interno,
mi guardavo allo specchio senza riconoscermi,
per mia madre ero malato,
per la gente del mio paese ero un malato,
per tutti ero un qualcosa che aveva dei problemi,
come se avessi chissà quale malformazione,
tutto intorno a me era impregnato di uno spudorato maschilismo,
discorsi e battute che avrebbero fatto arrossire un neanderthal.
Alle superiori le cose cambiarono,
per andare al liceo dovetti spostarmi nella città,
e lì mi resi conto che non ero l’unico ad avere questa identità,
gli insulti e gli sfottò non cambiarono,
ma non ero da solo,
al liceo conobbi un ragazzo,
Luca,
io frequentavo il primo,
lui il terzo anno.
Con lui ebbi la mia prima esperienza omosessuale,
cosa che cambiò drasticamente ogni mia visione della condizione in cui mi trovavo,
all’ora non c’era internet,
i giornali non parlavano in modo aperto dell’omosessualità,
prima di allora per me era una malattia di cui bisognava guarire,
questo era ciò che mi diceva mia madre e con lei il parroco e il medico,
con Luca scoprii che non era altro che attrazione per il mio stesso sesso,
nulla di malato o sbagliato come cercavano di farmi credere, una cosa del tutto normale, un qualcosa che c’è da sempre sia per gli uomini che per il regno animale,
questa nuova visione mi portò a liberarmi della maschera di angoscia che avevo portato fino a quel momento.
Finalmente mi ero svincolato dalla mia farisaica malattia,
prima di incontrare Luca ero convinto che il desiderare un ragazzo fosse un sintomo del mio problema,
cercavo di reprimerlo in ogni modo,
con lui mi aprii ad una nuova visione del vero me,
un essere libero che può amare ciò che vuole senza doversi vergognare,
rimettevo la maschera solo quando ritornavo nel mio antro casalingo,
in modo da non dover sopportare gli sguardi di una madre che si imbarazzava del proprio figlio.
La storia con Luca durò un paio di anni,
fra alti e bassi,
ero così preso dall’amore che ogni offesa o insulto che mi veniva rivolto dalla gente stupida che incontravo mi rimbalzava addosso,
checca,
frocio,
gay,
nel sentire queste ingiurie non reagivo più chiudendomi in me stesso,
bensì fortificava il mio essere,
si!!
sono questo e ne sono fiero.
Quando la storia con Luca finì,
dovetti combattere con un malessere maggiore di quello che avevo vissuto negli anni in cui non capivo la mia sessualità,
il mal d’amore,
uno di quei mali che colpisce sia il corpo che la mente,
così devastante che tentai il suicidio,
quando mi svegliai in ospedale,
sentii mia madre che parlava con il dottore,
dicendogli che ero malato e il motivo del mio gesto era dovuto alla mia malattia,
il dottore le sorrise e disse;
“signora l’omosessualità non è una malattia né uno stato mentale,
la sua tendenza sessuale potrebbe essere la causa di ciò che lo ha spinto a fare quel gesto,
ma legato ad una condizione di non accettazione o di esasperazione esterna”
Dopo quelle parole il rapporto con mia madre cambiò radicalmente,
lei si convinse che la causa dei miei mali era stata lei,
ed io le feci credere ciò che voleva,
non le dissi mai che il mio togliermi da questo mondo era legato ad una delusione amorosa.
Da quel episodio riuscì a spezzare le mie catene,
ero libero di essere ciò che ero,
un essere libero propenso all’amore,
il rapporto fra i miei non cambiò,
mio padre era incuneato nel ruolo di burattino e mia madre in quello di burattinaio,
mentre con me cercò di recuperare tutto ciò che non mi aveva dato,
perché un essere d’amore,
per crescere bene deve essere nutrito solo con l’amore,
non importa quale sia il gusto sessuale di un individuo,
che sia lesbo,
gay o etero,
non possiamo incriminare i sentimenti,
l’essere felici,
è un diritto inalienabile di ogni creatura di questo pianeta,
e l’amore è il collante che ci fa sentire parte l’uno dell’altra,
solo così possiamo compiere quel passo evolutivo che ci permetterà di essere eterni,
amando!!