la voce a Sud

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dai lettori

TORRE: UNA LETTRICE CI SCRIVE

Era il 14 febbraio 2019. 
Tutto ebbe inizio quel giorno. 
Un po’impaurita, un po’preoccupata, mi sedetti per la prima volta su una “comodissima” poltrona, quella che ognuno sogna in casa propria per trascorrere i momenti di relax, ma che nel mio caso stava per diventare la postazione di partenza per vincere la battaglia più importante e dolorosa della mia vita.

È trascorso un anno e mezzo da quel giorno.  Nella mia mente ci sono immagini, profumi, sorrisi, parole che difficilmente dimenticherò.  Che mi hanno cambiata.  Che mi hanno dato la forza di non nascondermi più, di mostrarmi per quello che sono realmente, di rendermi, a volte, egoista verso sensazioni ed emozioni solo mie.

Non è stato un periodo semplice, ma ho cercato di non pensare a ciò che stavo affrontando.  Ho cercato di vivermi e vivere senza remore, senza dare troppo peso a ciò che mi è capitato. Nel mio corpo esplodeva una bomba ed io cercavo di non implodere, di non cullarmi troppo nelle attenzioni e nella protezione costante che ho ricevuto.

Ci sono stati momenti vissuti molto faticosi.  Effetti collaterali della chemio che mi hanno destabilizzato.  Non ho potuto assaporare il buon cibo, che è così importante nella mia vita.  Non ho potuto più leggere un buon libro.  Perdevo molto spesso la memoria, dimenticando anche piccole cose della mia quotidianità.  Fino a qualche giorno fa pensavo che l’effetto più devastante fosse stato la perdita dei capelli, credo che è quello più di impatto, e se poi hai un figlio che si addormenta accarezzandoti i capelli, oltre all’impatto ci aggiungi anche la vergogna e l’incapacità di darli una spiegazione ogni volta che le sue manine si riempivano di capelli.

Oggi, con una chioma bella, folta e completamente nuova, dopo 3 mesi di quasi clausura, ho pensato che un altro effetto abbastanza rilevante è stato quello di avere sempre la sensazione di vacillare, di non essere stabile, sensazione che mi ha impedito di salire su una scala, di prendere una bici. 
Riprenderla giorni fa,  portare per la prima volta il proprio bambino, mi ha fatto pensare a quanto è bella e liberatoria una semplice passeggiata in bici.  Finisco la mia terapia.  Finisco questo percorso in un clima di paura, di incertezza.  Non vedrò nessun sorriso, perché oscurato da una mascherina, ma lo scoverò negli occhi che incrociero’ in questa giornata.

Quelli occhi che mi hanno sempre parlato, mi hanno sempre raccontato qualcosa e mi hanno fatto capire che ci si può fidare, ci si deve fidare…che solo così si può andare più lontano di quello che si è sempre sperato ed immaginato.  Finisce un percorso, non finisce la mia battaglia.  Ora più che mai bisogna lottare e bisogna trovare la forza di convivere con una nuova me stessa.   Grazie per avermi saputo accompagnare nella sfida più importante della mia Vita. Anche solo con un buongiorno, mi avete salvato. Grazie di cuore

Una Donna