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L’ANGOLO DELL’AVVOCATO: Contratti di credito ai consumatori: i costi da rimborsare in caso di estinzione anticipata secondo la Corte di Giustizia Europea.

Con sentenza pubblicata l’11 settembre 2019, (resa nella causa C-383/18 in sede di rinvio pregiudiziale di interpretazione) la Corte di Giustizia Europea ha statuito che, con riguardo alle operazioni di credito al consumo, ove il consumatore eserciti la facoltà di estinguere anticipatamentl’importo dovuto al finanziatore, la riduzione del costo totale del credito a cui ha diritto (ex art. 16 direttiva UE 2008/48), include tutti i costi posti a suo carico, compresi anche quelli il cui importo non dipende dalla durata del contratto di credito.

Per comprendere la portata e l’innovatività del principio di diritto espresso dalla Corte di Giustizia, anche in ragione della natura vincolante e della immediata applicabilità riconosciute alle sentenze interpretative emesse in sede di rinvio pregiudiziale, è necessario, preliminarmente, operare una distinzione fra le varie tipologie di costi richiesti nel contesto di un’operazione di credito e, quindi, conoscere quale fosse l’orientamento della giurisprudenza italiana circa la rimborsabilità di questi costi in caso di estinzione anticipata prima della decisione della CGUE.

Prendiamo ad esempio uno dei prodotti largamente utilizzati nel settore del credito al consumo: la cosiddetta cessione del quinto (finanziamento mediante cessione del quinto dello stipendio o pensione).

La cessione del quinto è una particolare forma di prestito personale al consumo che consente ai lavoratori subordinati (ovvero gli impiegati sia in ambito privato che pubblico e gli operai), ai pensionati, nonché ai lavoratori non subordinati (purché operino in maniera continuativa a favore di un’impresa o di un ente pubblico e sempre che il rapporto professionale preveda una durata di almeno 12 mesi) di ottenere in prestito una somma di denaro e restituirla consentendo al finanziatore di trattenere mensilmente fino a un quinto dello stipendio o pensione (cioè il 20%). In sostanza la banca o finanziaria è autorizzata dal richiedente a ricevere direttamente dal datore di lavoro o dall’ente previdenziale una quota dello stipendio o della pensione.

Non diversamente da quanto accade per altre forme di finanziamento, anche la concessione del finanziamento mediante cessione del quinto comporta a carico del richiedente una serie di costi, fra cui:

– le c.d. commissioni bancarie/finanziarie, che costituiscono il corrispettivo per l’istituto di credito per il sol fatto di aver messo a disposizione del cliente una data somma di denaro, accettandone poi la restituzione scaglionata nel tempo.

– Le polizze “rischio vita” e “rischio impiego” a copertura –rispettivamente- del rischio di decesso prematuro del cliente nonché del rischio dell’eventuale cessazione improvvisa del rapporto lavorativo (obbligatorie per la cessione del quinto)

– Le commissioni di intermediazione, ovverosia dalle provvigioni dovute all’agente finanziario che abbia promosso la stipula del contratto tra il cliente e l’istituto erogante.

Fra i vari costi è possibile distinguere fra:

– costi che sono imputabili a prestazioni concernenti la fase delle trattative e della formazione del contratto, che prescindono dalla durata del rapporto di credito, cosiddetti up front (ad es. la commissione per la gestione della pratica, le spese di istruttoria ecc.)

– costi riconducibili a spese legate alla durata del rapporto di credito e, quindi, rimborsabili -in misura maggiore o minore- a seconda del momento in cui il finanziamento è stato estinto, definiti recurring. 

Ebbene, in Italia, prima della sentenza LEXITOR – così denominata per la società di diritto polacco che aveva adito il Giudice del Tribunale di Lublino da cui è scaturita la domanda pregiudiziale sulla quale la CGUE si è pronunciata- la giurisprudenza, soprattutto quella dell’ABF, confortata dalle disposizioni della Banca d’Italia, ha limitato ai soli costi recurring il diritto del cliente alla restituzione in caso di estinzione anticipata, in quanto soggetti a maturazione nel corso del tempo e non ancora maturati alla data di estinzione del rapporto di finanziamento, escludendo, per l’effetto, quei costi già versati dal cliente al momento della conclusione del contratto (Up front). La materia era ed è disciplinata dall’articolo 125-sexies del Testo Unico Bancario che riconosce ai consumatori in caso di rimborso anticipato del prestito il “diritto ad una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”, evidentemente interpretata in senso restrittivo dal giudice nazionale, con buona pace, come spesso accade, per le ragioni dei consumatori.

Come detto, la Corte di Giustizia Europea, chiamata a pronunciarsi in sede di rinvio pregiudiziale sulla interpretazione dell’art. 16, par. 1, della Direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, ha statuito che, in caso di estinzione anticipata del contratto, il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito include tutti i costi posti a carico dello stesso, compresi i costi già versati per ottenere il finanziamento.

Il principio della rimborsabilità dei costi up front affermato dalla Corte di Giustizia Europea assume particolare e concreto rilievo in ragione della natura dichiarativa generalmente riconosciuta alle sentenze interpretative emesse in sede di rinvio pregiudiziale rispetto ai rapporti giuridici anteriormente insorti e con effetto vincolante in tutti i casi analoghi.

Infatti, conformemente a quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la Banca d’Italia ha tempestivamente previsto con le Linee Guida n. 1463869 del 4 dicembre 2019, al paragrafo b), che [4]: “Nel caso in cui il cliente eserciti il diritto al rimborso anticipato di finanziamenti in essere, gli intermediari sono chiamati a determinare la riduzione del costo totale del credito includendo tutti i costi a carico del consumatore, escluse le imposte”.

Occorre peraltro segnalare che nelle medesime Linee Guida la Banca d’Italia ha invitato tutte le banche nazionali ad adeguarsi immediatamente alla corretta interpretazione della norma restituendo tutti i costi sostenuti dal cliente per come ritenuto dalla sentenza della Corte di Giustizia UE.

Ciò posto, anche la nostra giurisprudenza dovrà allinearsi a quella delineata dalla Corte in materia, estendendo il diritto al rimborso in caso di estinzione anticipata anche a quelle componenti di costo dovute per adempimenti preliminari alla concessione del finanziamento (UP FRONT). E a tanto è chiamata non attraverso la disapplicazione della norma interna, in (ipotizzato)contrasto con la Direttiva, ma semplicemente applicando il principio di diritto affermato dalla CGUE: non si pone, infatti, un problema di applicazione diretta della direttiva in mancanza di una corretta attuazione da parte del legislatore italiano, rilevato che il legislatore nazionale ha, in realtà, attuato l’art. 16, par. 1, dir. 2008/48/CE con l’introduzione del vigente art. 125-sexies t.u.b.

Ciò a cui è chiamato, quindi, il giudice nazionale sarà semplicemente interpretare e attuare la norma interna di attuazione (l’art. 125-sexies, primo comma, t.u.b.), conformemente all’interpretazione dell’art. 16, par. 1, dir. 2008/48/CE fornita dalla Corte di Giustizia, come confermato dal Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario, con la decisione 26525 dell’11 dicembre scorso. Secondo il Collegio, infatti, la Direttiva deve essere interpretata nel senso che tutti i costi del credito (up front e recurring) sono soggetti a riduzione in caso di estinzione anticipata, in quanto l’Abf, similmente ai giudici nazionali, è vincolato dalla decisione della Corte e, differentemente da quanto statuito da alcune sparute sentenze di merito, ribadendo il primato del diritto europeo, ritiene che la norma di attuazione nazionale (articolo 125 sexies Tub) debba essere letta in modo conforme alla sentenza della Corte, operando quindi nei rapporti orizzontali di prestito tra clienti e banche. Riguardo la retroattività, il Collegio è favorevole alla tesi pro-consumatore e ritiene la sentenza applicabile a tutti i ricorsi, salvo la compiuta prescrizione decennale.

Tutti i consumatori, pertanto, che hanno estinto anticipatamente i prestiti al consumo, dal 2010 ad oggi, hanno diritto ad ottenere una riduzione di tutti i costi, in particolare delle spese di istruttoria e delle commissioni di intermediazione, di regola anticipate al momento dell’erogazione del finanziamento, in proporzione alla durata residua del prestito. Si tratta molto spesso di importi rilevanti che, per i prestiti garantiti dalla cessione del quinto, possono arrivare anche a qualche migliaio di euro per ciascuna estinzione.

Chiunque volesse informazioni, potrà scrivermi all’indirizzo e-mail gianfrediperrucci@gmail.com

AVV. PERRUCCI Gianfredi