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cronaca

Sentenza Stano, dimezzata la pena richiesta dall’accusa

fonte lavocedimanduria.it

I tre maggiorenni della «banda degli orfanelli» hanno usato violenze psicologiche e fisiche continuate nel tempo, sino alla tortura, ma senza provocare la morte di Cosimo Antonio Stano. Il cui decesso, avvenuto all’ospedale di Manduria il 23 aprile del 2019 per un’ulcera gastrica emorragica, non è stato conseguenza diretta delle torture ma della malattia. Basandosi su questo, ieri, il gup del Tribunale di Taranto, Vilma Gilli, ha condannato a dieci anni di reclusione a testa il 24enne Antonio Spadavecchia e il ventenne Gregorio Lamusta; a otto anni e otto mesi Vincenzo Mazza, di 20 anni, tutti manduriani e incensurati. Il pubblico ministero Remo Epifani aveva chiesto vent’anni di carcere a testa, il massimo della pena prevista per la tortura aggravata dalla sopraggiunta morte del pensionato. Eliminati per tutti anche alcune aggravanti e il reato di sequestro di persona.

Si può dire soddisfatta la difesa degli imputati, gli avvocati Armando Pasanisi per Mazza, Franz Pesare e Pasanisi per Lamusta e Lorenzo Bullo e Gaetano Vitale per Spadavecchia. Nella discussione finale, i difensori avevano chiesto l’assoluzione per i loro assistiti, ma gli è andata bene anche la derubricazione dell’aggravante della tortura quale causa della morte che da sola avrebbe valso ai loro assistiti trent’anni di reclusione (scontata a venti grazie alla formula scelta del rito abbreviato), tanto quanto era la richiesta del pubblico ministero. La gup Gilli ha interdetto in perpetuo gli imputati dai pubblici uffici ed ha stabilito nei loro confronti la misura della libertà vigilata per tre anni dopo l’esecuzione della pena. I tre sono stati inoltre condannati al risarcimento dei danni in favore della sorella di Stano da liquidarsi in separata sede e delle spese processuali.

Il collegio dei difensori si è detto già pronto a presentare ricorso in appello nella convinzione di ottenere in quella sede un valido sconto della pena. Nel frattempo i tre imputati, che hanno già scontato quasi un anno di detenzione cautelare, prima in carcere ora a casa, salvo diversa decisione del tribunale resteranno agli arresti domiciliari sperando in un esito più clemente della Corte di appello.

L’avvocato di parte civile, Maurilio Stano, che ha sempre mantenuto un atteggiamento riservato sulla vicenda, continua anche in questa fase lo stesso atteggiamento concedendo appena una battuta di circostanza: «Accettiamo con serenità il dispositivo di oggi, valutando di agire nelle sedi opportune dopo aver letto le motivazioni della sentenza che potrebbero aprire nuove problematiche». Per il deposito della sentenza motivata, la gup ha chiesto 90 giorni di tempo

Determinante ai fini della pena di ieri, è stato il parere medico dei consulenti della difesa, il medico legale Massimo Brunetti con il chirurgo romano Rosario Sacco, che sin dal primo momento avevano sostenuto la non correlazione tra l’ulcera sanguinante e quindi il decesso di Stano, con le violenze da lui subite nel tempo. Contrariamente al parere espresso dal perito della pubblica accusa, la dottoressa Liliana Innamorato secondo cui i traumi fisici e psicologici avevano formato l’ulcera aggravatasi poi dallo stato di isolamento e di prostrazione in cui il sessantaseienne era sprofondato sino allo sfinimento.

Per l’opinione pubblica che per l’efferatezza dei fatti conosciuti e soprattutto per la drammaticità dei video che riprendevano le scene di violenza a cui l’uomo era stato costretto a subire, rimane il ricordo delle urla disperate del pensionato che nella notte, accerchiato dal branco, inutilmente chiedeva aiuto. Vittima per anni, si è saputo in seguito, non di una, ma di più bande di ragazzini, quasi tutti minorenni, undici dei quali, tra quelli individuati, sono stati già sottoposti ad un giudizio da parte del Tribunale dei minori che ha sospeso il processo a loro carico concedendo la messa alla prova ai servizi sociali per un periodo che va da un anno e mezzo a tre anni.

Nazareno Dinoi