la voce a Sud

blog d'informazione online – attualità, cronaca, notizie, cultura, storia, gastronomia, spettacoli, informazioni, aggiornamenti ed eventi dal territorio

notizie

Patteggia per guida in stato di ebbrezza, il giudice sbaglia a fissare la sospensione della patente: i rimedi delle SS.UU.

Fonte: quotidianogiuridico.it

Con la sentenza n. 21369 del 2020, le Sezioni Unite penali della Corte hanno dato risposta al quesito se, a seguito dell’entrata in vigore del comma 2-bis dell’art. 448 c.p.p. (introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103), siano ricorribili o meno per cassazione e, nell’affermativa, entro quali limiti (se cioè, ove sia riconosciuta la ricorribilità, rientri nel novero dell’illegalità l’ipotesi di motivazione inesistente, non già meramente incongrua), le sentenze di applicazione di pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. che applicano ovvero che omettono di applicare sanzioni amministrative accessorie. Cassazione penale, Sezioni Unite, sentenza 17 luglio 2020, n. 21369

La soluzione
In caso di sentenza di applicazione della pena, a seguito della introduzione della previsione di cui all’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., è ammissibile il ricorso per cassazione che abbia ad oggetto l’applicazione o l’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie ai sensi dell’art. 606 c.p.p.
I precedenti
Cass. pen. sez. IV, sentenza 25 giugno 2018, n. 29179In tema di reati commessi in violazione delle norme sulla circolazione stradale, nel caso in cui il giudice, accogliendo la domanda di patteggiamento, abbia omesso di disporre la sospensione della patente di guida prevista dall’art. 222 cod. strada, il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione secondo la disciplina generale dettata dall’art. 606, comma secondo, c.p.p. e non ai sensi dell’art. 448, comma2-bis, c.p.p., introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in considerazione del carattere autonomo della sanzione amministrativa, non riconducibile alle categorie della pena e delle misure di sicurezza indicate nella richiamata norma.
Cass. pen. sez. VI, sentenza 3 aprile 2019, n. 14721In tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto in ordine al vizio della motivazione concernente la durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’accettazione della definizione del procedimento con il rito alternativo implica l’applicazione dello speciale regime per l’impugnazione anche con riguardo ai punti della decisione sottratti all’accordo tra le parti).

Il caso e la questione di diritto

I giudici di legittimità della sesta sezione erano stati chiamati ad esaminare un caso nel quale il Tribunale aveva applicato all’imputato, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per il reato di guida in stato di ebbrezza la sospensione della patente di guida per la durata di un anno.

Avverso tale decisione aveva proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Corte di appello, che lamentava, come unico motivo, la violazione di legge, in specie degli artt. 186 e 186-bis del d. lgs. n. 285 del 1992, per avere il Tribunale omesso il raddoppio della sanzione amministrativaaccessoria della sospensione della patente di guida, essendo l’imputato infraventunenne.

La questione che poneva il ricorso era quella se, dopo l’entrata in vigore (in data 3 agosto 2017) del comma 2-bis dell’art. 448 c.p.p., introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, rimanessero ancora ricorribili o meno per cassazione e, nell’affermativa, entro quali limiti, le sentenze di applicazione di pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. che applicano ovvero che omettono di applicare sanzioni amministrative accessorie previste dalla legge.

Ciò in quanto il citato art. 448, comma 2-bis, c.p.p., prevede che “Il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”.

La giurisprudenza precedente

Un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità ha sostenuto la possibilità di proporre ricorso per cassazione quanto all’applicazione ovvero all’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie, affermando che le statuizioni riguardanti la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, contenute nella sentenza non appellabile di patteggiamento, possono formare oggetto di ricorso per Cassazione secondo la disciplina generale dettata dall’art. 606, comma 2, c.p.p..

Le decisioni emesse in questo filone interpretativo ritengono che, ferme le limitazioni alla ricorribilità per cassazione in caso di applicazione di pena su richiesta introdotte dalla novella del 2017 (cioè solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza), l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. non troverebbe applicazione in caso di ricorso avversostatuizioni pur contenute nella sentenza di applicazione di pena su richiesta ma estranee al patto intercorso tra le parti, quali quelle concernenti le sanzioni amministrative accessorienon riconducibili né alla categoria della pena in senso stretto né a quelle delle misure di sicurezza, con conseguente applicabilità della disciplina dettata in via generale dell’art. 606, comma 2, c.p.p.

Un orientamento interpretativo opposto ha fatto leva sulla valorizzazione della finalità deflativa avuta di mira dal legislatore (cui però i sostenitori della contraria tesi oppongono che le esigenze deflative non potrebbero giungere ai punto di comprimere i diritti della parti, precludendogli la tutela giurisdizionale avverso statuizioni oggettivamente in contrasto con disposizioni di legge), oltre che sulla asimmetria che si verrebbe a creare nel sistema dell’impugnazione della sentenza ex art. 444 c.p.p.

Va osservato come le questioni poste dal ricorso in esame, pur non essendo pienamente coincidenti, presentano profili di rilevante affinità, con le problematiche poste da altro procedimento in tema di impugnabilità delle sentenze emesse ex art. 444 c. p.p., del quale si è dato conto in altra nota già pubblicata su questo Quotidiano, con oggetto la questione: «se l’art. 448, comma 2 bis, c.p.p. come introdotto dall’art. 1, comma 50, della legge m 103, del 2017, osti all’ammissibilità del ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena con la quale si deduce il vizio di motivazione in ordine all’applicazione di misura di sicurezza, personale o patrimoniale”.

La sezione aveva pertanto ritenuto, con ordinanza del 16 maggio 2018, depositata il 21 maggio 2019, n. 22113 che fosse indispensabile un intervento delle Sezioni Unite per vedere affrontata la questione: “se, a seguito dell’entrata in vigore del comma 2-bis dell’art. 448 c.p.p. (introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103), siano ricorribili o meno per cassazione e, nell’affermativa, entro quali limiti (se cioè, ove sia riconosciuta la ricorribilità, rientri nel novero dell’illegalità l’ipotesi di motivazione inesistente, non già meramente incongrua), le sentenze di applicazione di pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. che applicano ovvero che omettono di applicare sanzioni amministrative accessorie

Esigenza condivisa dal Primo Presidente Aggiunto, che, con proprio decreto, aveva conseguentemente fissato l’udienza del 26 settembre 2019 per la soluzione della questione.

La decisione delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno preliminarmente ricordato la decisione della Corte Costituzionale n. 25 del 1999, che, pronunciandosi in tema diapplicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida in occasione della sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., ha evidenziato che tale sanzione “non costituisce né una pena accessoria, né una misura di sicurezza, né, propriamente, un effetto penale della sentenza di condanna”.

Inoltre, si sottolinea nella motivazione, l’eventuale accordo delle parti sulla durata della sanzione non è parte integrante della proposta concordata, in quanto le sanzioni accessorie non possono per la loro natura, estranea al sistema penale, formare oggetto di accordo ex art. 444 c.p.p., limitato alle pene, detentiva o pecuniaria, ovvero alla sanzione sostitutiva, e conseguono di diritto, per previsione normativa, alla pronuncia della chiesta sentenza. Di conseguenza tale eventuale accordo non è vincolante per il giudice che la determina secondo gli stessi criteri fissati dall’art. 218, comma 2, CDS per l’applicazione della medesima sanzione da parte dell’autorità amministrativa. Peraltro, si aggiunge, il divieto previsto dall’art. 445 c.p.p. è limitato alle pene accessorie ed alle misure di sicurezza diverse dalla confisca, con la conseguenza che con la sentenza ex art. 444 c.p.p. può (e deve) essere disposta la sanzione amministrativa accessoria, non avendo rilievo che nella richiesta di patteggiamento non si sia eventualmente fatta alcuna menzione di tale sanzione.

A giudizio delle Sezioni unite ogni questione relativa alle sanzioni amministrative accessorie è denunciabile con ricorso per cassazione, secondo il regime impugnatorio ordinario, dovendosi così circoscrivere l’ambito di applicabilità del regime speciale alle sole statuizioni che riflettono il contenuto dell’accordo.

La decisione ha sottoposto a critica l’orientamento contrario, evidenziando come le richiamate esigenze deflattive valgono con riferimento alla formazione legittima dell’accordo, alla sua trasposizione fedele in sentenza, alla legalità del suo contenuto quanto alla qualificazione giuridica del fatto e alle statuizioni concordate in tema di pena o di misura di sicurezza; ma non possono valere per le sanzioni amministrative accessorie, che devono essere applicate in via autonoma per previsione normativa, senza spazio per la loro negoziabilità, e quindi per la loro includibilità nell’accordo sulla pena quali possibili pattuizioni facoltative.

Le sanzioni amministrative accessorie, in quanto estranee all’accordo sulla pena, sono altresì estranee ai limiti di impugnabilità posti dalla disciplina speciale, permanendo per esse quella generale ex art. 606, comma 1, c.p.p. In merito non può parlarsi di asimmetria confrontando punti della decisione che da un lato sono presupposto ovvero contenuto dell’accordo, e dall’altro, come le statuizioni in tema di sanzioni accessorie, da queste non dipendono.

Le sanzioni amministrative accessorie, estranee all’accordo tra le parti, successivamente ratificato dall’organo giudicante, e accedenti anche alla sentenza di “patteggiamento”, necessitano, invero, di un supporto giustificativo non riducibile a quello consentito dal rito premiale e di una possibile sindacabilità delle relative statuizioni. Ciò in quanto per profili non concordati, quali quelli pertinenti alle sanzioni amministrative accessorie, il contenuto dell’accertamento demandato al giudice, alla pari di quello richiesto all’autorità amministrativa, deve estendersi ai parametri che ne giustificano l’applicazione e che possono implicare margini di discrezionalità nel quantum ovvero nell’an.

Peraltro, si aggiunge in motivazione, l’esercizio del potere discrezionale comporta poi l’assolvimento di un obbligo motivazionale, non riconducibile a quello demandato al giudice del “patteggiamento” in merito alle statuizioni costituenti oggetto dell’accordo sulla pena, e non può essere sottratto a ogni relativa censura, in sede di legittimità, la eventuale omessa o erronea motivazione circa l’entità della sanzione o il tipo adottato.

In considerazione di quanto sopra è stato affermato il seguente principio di diritto: “In caso di sentenza di applicazione della pena, a seguito della introduzione della previsione di cui all’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., è ammissibile il ricorso per cassazione che abbia ad oggetto l’applicazione o l’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie ai sensi dell’art. 606 c.p.p.”

Riferimenti normativi:

Art. 444 c.p.p.

Art. 448 c.p.p.