la voce a Sud

blog d'informazione online – attualità, cronaca, notizie, cultura, storia, gastronomia, spettacoli, informazioni, aggiornamenti ed eventi dal territorio

notizie

Energia, la transizione non passa da Brindisi

Fonte: lagazzettadelmezzogiorno.it

La transizione energetica, ovvero come la Puglia industriale dovrà accompagnare da oggi al 2027 il nuovo volto della ripresa europea, non passa da Brindisi.

Sulla cartina geografica appostata sulla scrivania del presidente del Consiglio Conte, nel capitolo “Just Transition Fund”, il Piano di investimenti per l’Europa sostenibile che – come recita l’acronimo – non doveva “lasciare indietro nessuno”, è stata dimenticato una piccola ma importante città del Sud, crocevia portuale e prima area della industrializzazione meridionale. Una dimenticanza? Sarà. Sta di fatto che, a sentire gli inviperiti parlamentari di centrodestra, nei fondi pari a 1,2 miliardi per convertire il sistema industriale verso gli obiettivi rinnovabili ed eco-compatibili dell’Italia europea, l’area industriale dove Eni e Enel si contendono alcune delle più importanti centrali d’Europa (la “Federico II produce due terzi dell’energia necessaria al fabbisogno nazionale quotidiano, circa 2,4 mila mw) non figura. Una dimenticanza il fatto che vi sia solo l’area industriale di Taranto insieme alle miniere del Sulcis nel piano su cui il Governo si sta accapigliando e sta affrontando una profonda crisi politica, proprio a causa del Recovery Fund? Un effetto collaterale che quando si parli di Puglia industriale si pensi solo al siderurgico di Taranto, la famigerata ex Ilva su cui si sono scritte enciclopedie per spiegare come coniugare salute e ambiente senza mai arrivare a una soluzione? Un errore ricordare che in questa provincia pugliese ricade il più elevato numero di fabbriche di grandi e medi gruppi industriali presenti in Puglia?

Insieme a Eni e Enel, qui A2A, Sanofi, Leonardo (con l’ex AgustaWestland), Avio-Aero, Chemgas, Dema, TI- Automotive – solo per citarne alcune – hanno investito milioni di euro e oggi occupano 7.000 addetti, con attività di ricerca avanzata in sinergia con gli Atenei di Bari e Lecce. E che dire dei 2.200 addetti impegnati nell’industria aeronautica, la seconda nel comparto del Sud insieme a Grottaglie e Foggia? Ma soprattutto: come si può ignorare il fatto che dal 2025 la centrale Enel “Federico II” funzionerà con metano ad alta efficienza, 1.680 megawatt, e un taglio drastico del 60% sulle emissioni di anidride carbonica, grazie agli ingenti investimenti del colosso nazionale? Se non è questa l’Europa sostenibile che si sta costruendo anche a Brindisi, qual è?

Certo, stiamo parlando solo di un pezzo del mega Recovery Plan che dovrebbe rappresentare la svolta miliardaria dell’Italia del settennio e su cui certamente tutte le Regioni, Puglia in testa, sono chiamate a pianificare il futuro (ancora così incerto) dell’economia post-Covid. Ma qual è il motivo per cui la città (Brundisium) che già i Romani nel IV-III secolo a.c. avevano capito essere un punto strategico per il commercio (e le conquiste) della Grecia e dei Balcani, oggi – 25 secoli dopo – venga dimenticata dai grandi strateghi e pianificatori dello sviluppo dell’Europa? Per quale motivo uno dei gioielli dell’Autorità dell’Adriatico Meridionale, uno dei poli industriali più avanzati del Belpaese, resta fuori dal fondo che non doveva “lasciare indietro nessuno”? Al sottosegretario Turco (tarantino) stanno arrivando i quesiti nelle interrogazioni parlamentari ma il punto non è rispondere a deputati o eurodeputati. Il punto è rispondere alla Puglia, che questa città, a sua volta sembra averla dimenticata almeno nelle sue “gerarchie istituzionali” e nella sua agenda economica.

Fateci caso ma nella nuova squadra di Governo con cui il presidente della Regione ha inaugurato il nuovo quinquennio della legislatura regionale non vi è un solo assessore brindisino. La quota “geografica” – uno dei criteri con cui viene per prassi composta la Giunta, insieme ovviamente al peso elettorale dei partiti e alle competenze dei singoli – in questo caso è rimasta nei cassetti. Al virologo Lopalco (nato a Mesagne) il compito di tenere la bandiera della provincia brindisina. Ovvero ad uno studioso che, prima a Stoccolma e poi a Pisa, tutto ha fatto nel corso della sua brillante carriera tranne che occuparsi o vivere nel suo territorio di nascita e che oggi, chiamato a guidare la Sanità nell’epoca più difficile e impensabile della Storia repubblicana, a tutto potrebbe dedicarsi tranne che alla sua provincia natale.

E ancora, che fine hanno fatto il presidente del Consiglio da Volturara Appula (Fg), il ministro agli Affari regionali (Bisceglie, Bat) e la ministra salentina all’Agricoltura, ormai con un piede fuori dal Governo proprio per il Recovery Fund?

Per dirla tutta – anche al sottosegretario tarantino Turco – non si tratta di semplici questioni di “campanile”, semmai di rispetto nei confronti di un capoluogo di provincia del Paese che ha agevolato (e subìto, in termini di inquinamento) lo sviluppo industriale a beneficio di tutta l’Italia. Un’area alla quale, guarda caso, il presidente della Regione intendeva destinare, dirottandolo dal percorso condiviso a livello internazionale, l’approdo del gasdotto Tap proprio per non “sporcare” le spiagge di Melendugno (Le). E così realizzare quell’obiettivo della decarbonizzazione che, a Bari come a Bruxelles, viene identificato solo con le acciaierie di Arcelor Mittal, dimenticando le centrali termoelettriche e gli impianti inquinanti di altre aree della regione.

Ecco, se ci siete ministri, sottosegretari, assessori regionali, consiglieri comunali e amministratori locali, battete un colpo. Lo scopo non è fare una battaglia politica (renziani versus contiani, democratici vs grillini), che mai come in questo periodo di pandemia stanno manifestando tutta la loro vacuità, ma una battaglia di civiltà. E se, in questa battaglia, vi accompagnassero anche i brindisini – guidati da chi indossa la fascia tricolore nel primo “palazzo” di quella Città – non sarebbe male. Magari qualcuno, nelle stanze dei bottoni, si ricorderebbe che Brundisium esiste ancora.