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Tanti ricordi ed emozioni… col libro “Francesco D’Andria (1887-1970) di Giovanni Diviggiano

Per rispetto di chi eventualmente dovesse trovarsi a leggere le modeste riflessioni che seguono e per evitare che il titolo dato, induca a pensare a cose che non vogliono essere, mi corre l’obbligo di dire subito che non è in argomento la recensione di un libro nella maniera più classica che si conosce. E questo per la semplice ragione che, in tutta sincerità non si ha la capacità a farlo, né si vuole avere la presunzione di tentare a farlo. Tutto quello che segue, si può dire che sia scaturito dal bisogno di esternare, e magari condividere, gli inevitabili ricordi, misti ad emozioni, ritornati in mente subito dopo aver letto, con molto interesse e piacere l’ultimo libro dell’amico Giovanni Diviggiano. “E’ bello vivere per il proprio Paese, ma è ancor meglio aiutare il proprio Paese a vivere”…..non ricordo chi sia stato a lasciarlo scritto, ma penso che la bella esortazione aiuti nella riflessione sul contenuto del libro, di tutto il contesto che vuole rappresentare e il desiderio dell’autore di farne un libro. Poi mi sono chiesto: perché si scrive e si racconta? Personalmente credo che non sia soltanto il bisogno di mettere qualcosa di proprio su un foglio di carta o di giornale, ma anche perché si desidera che, almeno qualche pezzo della storia di una comunità, di un territorio, di un Paese non cada definitivamente nell’oblio delle cose perdute; e tutto ciò, appunto, perché possano continuare a vivere nel futuro e nella conoscenza delle Persone che verranno dopo di noi. Ed è proprio così che si lega la storia tra passato, presente e futuro, dove le vicende umane si svolgono e se raccontate c’è la concreta certezza che non vadano perdute per sempre. Poi sarà patrimonio di tutti e della comunità di appartenenza, come nel caso di questa bella storia di un Uomo, “Francesco D’Andria”, che fu Maestro di scuola e di vita, nonché stimatissimo scrittore di poesie, con le quali dimostrava di amare immensamente il suo Paese e quel mondo arcaico e contadino a cui spesso faceva riferimento con rispetto ed ammirazione. Il libro si legge come un romanzo ed il tempo scorre con la serena curiosità di rivisitare una storia di vita personale e collettiva, dove questo riporta anche ad un valore che ci riconduce alle nostre radici di Paese con l’orgoglio dell’appartenenza. E con quest’ultimo sentimento nel pensiero, credo mai dismesso anche da ogni Torrese, si ritorna nel tempo e, fra quelle pagine di memoria, la nostra passata esistenza col nostro linguaggio, che si porgeva istintivamente naturale ed umanamente coinvolgente. Il nostro Giovanni, che amichevolmente e coscienziosamente non esito a definire buon “cultore e custode” del nostro passato cittadino, con questo suo ultimo lavoro credo abbia dato alle stampe un’altra perla delle sue, che riporta all’attenzione del presente “Don Ciccio D’Andria”, come è giusto che sia, per il prezioso contribuito che ha dato allo sviluppo sociale e culturale della nostra comunità. Ogni cittadino Torrese, adulto o giovane che sia, credo sappia chi sia stato “il Professore Francesco D’Andria”, anche attraverso il passa parola, una volta tanto positivo, di generazione in generazione. Non credo ci sia Persona di Torre che almeno una volta, non abbia sentito la poesia in vernacolo, di un “verismo” locale pieno, il cui inizio così recita: quann’era piccinnu, vagnoni vagnoni, tinia na capu nnu veru chianconi…..E poi tanto altro ancora pure poco conosciuto ai più, che il bravo Giovanni ha portato in luce e trascritto in maniera comprensibilissima nel suo libro. È imponente il lavoro di ricostruzione che egli ha fatto della vita di Don Ciccio ed anche del contesto storico nel quale ha vissuto. Mi pare che si possa pensare anche ad un lavoro di ricostruzione storica e sociale corale, perché si è avvalso della collaborazione di altri concittadini, che in una maniera o in un altra, hanno potuto conoscere Don Ciccio. Personalmente ho avuto piacere di ricordare a Lui un episodio della mia infanzia “ti vagnoni ti putea ti barbieri”, che mi vide alla sua presenza nella sua casa di via Garibaldi, ma ancora non avevo capito che Giovanni stava costruendo, nel suo fervido pensiero e fantasia, il libro in argomento. Con molta emozione ho rivisto tanti Personaggi e rivissuto un tempo, che ha solo bisogno di un semplice ricordo e scatta la molla di quello vissuto in prima Persona. Mi son sentito come se fossi stato catapultato all’indietro nel tempo di almeno sessant’anni e l’Autore prendendomi per mano mi ha accompagnato in quello fatato che è stata la Scuola Elementare. Quando il Maestro Don Ciccio D’Andria nel 1955 lasciò la Scuola, per raggiunti limiti di età, io feci il mio ingresso in questa solo alcuni anni dopo e forse avrò anche sognato, ma con quel libro ho rivisto i Maestri di allora e “lu Professori mia” Bartoluccio Sasso, che mi voleva un gran bene. Mentalmente ho anche ricordato tutti i miei compagni di classe ed in quell’aula, le cui finestre guardavano alla Caserma dei Carabinieri, ho come risentito il profumo della fresca gioventù, della grande lavagna, dei banchi in legno e della cattedra rialzata su pedana del Maestro. Anche se vagamente, ricordo che ricorreva spesso il nome del Maestro D’Andria e non di rado ci proponevano suoi componimenti durante la lezione. Mi piace pensare che in quella Scuola ci sia ancora l’anima di quel grande Maestro e che il suo Paese ne abbia vanto ancora oggi e venga sempre ricordato con grande rispetto e riverenza. Da quanto letto nel libro ed anche in qualche occasione ascoltato, al Maestro Don Ciccio successe una generazione di educatori che, fatto tesoro di quegli insegnamenti, ne raccolsero degnissimamente il testimone. E sarebbe bello che ancora oggi, quella Scuola, che seppure al passo coi tempi per didattica e tecnologie, fosse ancora “quel luogo dell’anima”, con tutti i suoi sussulti fanciulleschi, le ansie, i desideri e la gioia dello stare insieme. Un luogo anche dei sogni e della speranza che si possa tramutare in realtà, come pure e sempre delle prime vere amicizie e dei primi turbamenti. Tanto altro ancora si potrebbe dire sfogliando le pagine del libro, che riporta con molta esattezza date e momenti particolari della vita cittadina intorno a quegli anni, che alcune volte vanno oltre lo stretto ambito cittadino. Ti viene anche da pensare a come avrà fatto il buon Giovanni a trovare tante notizie, tanti fatti collegati, tanti nomi di Persone con relative parentele che li riguardano. Da sempre si dice che ognuno nasce con una propensione verso qualcosa, salvo poi svilupparla con lo studio e l’applicazione, evidentemente la sua è la passione per le cose e le storie del suo Paese, a cui ci aggiunge un amore forte per la bellezza e cultura in generale. Ed a questo riguardo, sarà pure una piccola e modesta comunità la nostra ma, nonostante, è da registrare un continuo fermento di iniziative, tanto che non credo sia esagerato affermare che “la primavera culturale Torrese” è sempre in fioritura. Anche in questo ci sarebbe tanto da dire, ma per brevità voglio solo ricordare il crescente successo di attenzione e partecipazione a quello che potrebbe definirsi “fiore all’occhiello” e orgoglio della Torresita’ in ambito finanche nazionale e cioè: il Concorso di Poesia” di Santa Maria di Crepacore. Da quest’anno sono ventisei le edizioni effettuate con sempre crescente partecipazione ed anche questa iniziativa è da ascrivere alla bella storia cittadina, grazie alla volontà di alcuni concittadini che, senz’altro con merito definirei: pionieri culturali e lungimiranti torresi. Già da qualche anno è stata lanciata l’idea che Torre si fregi del titolo di “Paese della Poesia” e nel mio piccolo credo anch’io che sarebbe ora di poterlo realizzare, così da poter leggere con orgoglio, agli ingressi del Paese, quella giusta intitolazione. Sarebbe bello pensare che i nostri Amministratori e/o gli Enti preposti a farlo, siano ad un passo dall’aver traghettato in porto questa lodevole ed importante riconoscimento. Ora si da il caso, ma non per caso credo, che uno dei più attivi ed intraprendenti collaboratori di questo ed altri importanti eventi di cultura torrese sia proprio l’amico Giovanni, a cui si rivolge infine un senso di gratitudine, perché con questo suo ultimo lavoro letterario si può ricordare, in modo assolutamente migliore, l’insigne e meraviglioso Maestro di scuola e di vita di Torre Santa Susanna “Francesco D’Andria”.

Nicola Muscogiuri