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salute

Così il cervello regola l’appetito

Fonte: Barbara Merlo,Airone

Questa straordinaria scoperta apre la strada a nuovi farmaci che potranno farci dimagrire senza diete.
Il numero di cellule del cervello che regolano l’appetito non è fissato dai geni durante lo sviluppo dell’embrione nell’utero materno e quindi immutabile dalla nascita, come hanno sempre ritenuto gli scienziati. Un gruppo di ricercatori inglesi dell’Università dell’East Anglia, studiando il cervello dei topi di laboratorio, ha scoperto che alcune cellule, chiamate taniciti, generano nuovi neuroni nel circuito cerebrale che regola lo stimolo della fame e lo fanno anche dopo la nascita e nella età adulta. Lo studio dimostra per la prima volta che questo circuito può essere modificato anche nell’adulto e che il senso della fame, pertanto, non sarebbe un istinto innato e immutabile, ma potrebbe essere modificato, magari in futuro attraverso una ‘’pillola’’ mirata oppure seguendo uno specifico regime alimentare e sportivo. Le ‘’cellule della fame’’, i taniciti, si comportano come le staminali, sono cioè totipotenti e hanno per questo la capacità di trasformarsi in altri tipi di cellule del corpo. Nell’ipotalamo dei topi studiato dai ricercatori inglesi,cioè la regione cerebrale che governa il sonno,il dispendio energetico,l’appetito,la sete e altre importanti funzioni biologiche anche nell’uomo, i taniciti si trasformano in nuovi neuroni regolatori dell’appetito durante tutta la vita dell’animale e non soltanto durante lo sviluppo embrionale come si pensava sinora. Il ricercatore che ha guidato lo studio,Mohammad Hajihosseini,afferma che il malfunzionamento dei neuroni dell’ipotalamo è la prima causa di disordini alimentari come l’obesità. Il circuito neurale che regola l’appetito non è numericamente determinato dalla nascita e può quindi essere manipolato. Il prossimo passo è comprendere i geni e i processi cellulari coinvolti nel regolamento dell’attività di queste speciali cellule della fame. Serviranno almeno altri cinque- dieci anni di ricerche per capire se lo stesso fenomeno si verifica anche nel cervello umano. Se così fosse, si potrebbero creare farmaci ‘’personalizzati’’ per combattere soprattutto la obesità,che riguarda il 7 % degli adulti e sempre più bambini,secondo i dati dell’OMS. Nell’attesa, conviene combattere i chili di troppo con le armi che abbiamo già a disposizione. ‘’Seguire una corretta alimentazione e muoversi resta per ora il modo più sano di controllare il peso’’,suggerisce Anna Villarini, biologa specialista in scienze dell’alimentazione e ricercatrice all’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Ma che cosa ci fa ingrassare?
Più che i grassi, ci fa prendere peso il consumo eccessivo di carboidrati raffinati: amidi e zuccheri dei cibi industriali molto lavorati,bevande gassate, succhi di frutta dolci. Facili da digerire perché poveri di fibre, aumentano velocemente il glucosio nel sangue,cioè la glicemia, e causano per questo delle impennate di insulina, l’ormone che serve a portare il glucosio a giusti livelli. I picchi di glicemia dovuti al consumo di molti zuccheri innescano infatti una notevole produzione di insulina da parte del pancreas: l’ormone facilita l’assimilazione del glucosio dalle cellule dell’organismo che in breve tempo richiederà altri zuccheri per compensarne il veloce consumo. Se interrompiamo l’abitudine di mangiare questi alimenti, ‘’spegniamo gli interruttori’’ della nostra voglia di zuccheri perché agiamo sulla insulina. Per non correre rischi di ingrassare, ammalarsi di diabete o di malattie cardiovascolari, bisogna mangiare alimenti che contengano carboidrati a basso indice glicemico (IG), che alzano lentamente la glicemia, e a basso carico glicemico (CG), cioè che contengono pochi zuccheri veloci da assorbire, più lenti da assimilare perché formati da molecole più lunghe. ‘’Oggi si è capito che è importante conoscere il carico glicemico’’, raccomanda Villarini, ‘’che è un parametro un po’ più avanzato dell’indice glicemico perché tiene conto di quanti zuccheri che si assorbono velocemente sono presenti in un dato alimento. Per esempio le carote, che hanno un alto indice glicemico, contengono però così pochi zuccheri da non causare quei picchi di glicemia e di insulina tanto temuti e sono per questo un ottimo ortaggio che aiuta a mantenerci in salute.’’

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