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NUOVA ORDINANZA CONFERMATIVA DI USURA BANCARIA

Poco tempo fa il nostro giornale pubblicò un’ordinanza relativa ad una decisione del Giudice delle Esecuzioni Immobiliari presso il Tribunale di Brindisi.

A seguito di specificazioni intervenute nella procedura e relative al deposito di prospetti contabili, onere che incombeva sulla Banca opposta, che erroneamente si era affermato essere inadempiente a tale onere, il Giudice dell’Esecuzione Immobiliare ha emesso nuova ordinanza il cui testo qui di seguito di riporta integralmente.

I debitori erano e sono difesi dall’Avv. Raffaele Missere e Serena Lucia Missere.

La Banca opposta, contrariamente a quanto ritenuto con ordinanza del 22/05/2018 ha provveduto al deposito dei prospetti contabili richiesti;

Per ferma giurisprudenza, “Ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. E dell’art. 644 c.p., si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito nella legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo di interessi moratori” (da ultimo, Cass. Civ. Sez. I, 09/01/2013, n. 350);

Nel caso concreto, la banca opposta ha “convenuto” (al momento in cui fu concluso il mutuo, ovvero, “al momento in cui sono stati promessi o comunque convenuti a qualunque titolo” vedi anche Cass. SS. UU. 24675/2017), un tasso corrispettivo pari al 6,30 % ed un tasso moratorio pari all’8,30 %, con la conseguenza che, nel caso di mancato pagamento della prima rata (o delle prime rate), il tasso complessivo di interesse convenuto deve individuarsi nel 14,60%, ovvero in un tasso certamente superiore a quello “soglia”, fissato al 21/05/2008, data in cui fu concluso il mutuo, al 9,60%;

Ciò, poiché nell’art. 5 del contratto di mutuo si stabilisca, sostanzialmente che la debitoria complessiva, a seguito della risoluzione del mutuo, si individuerà con riferimento alle ratte scadute (comprensive di interessi corrispettivi= maggiorate degli interessi moratori, il che necessariamente determina (V. sul punto Cass. Ordd. 5598/2017, 23192/2017) la sommatoria dei tassi applicati (giacchè sulla stessa quota capitale si dovrebbe calcolare l’interesse convenzionale, e, in maniera composta, l’interesse moratorio sia sulla quota che sulla quota interessi), e quindi, in concreto, la produzione di interessi, per il caso di mora, nella misura sopra indicata;

D’altra parte, nel contratto di mutuo sottoposto non è contenuta alcuna norma di salvaguardia, che consenta di ritenere in ogni caso non superabili (quanto all’obbligazione di rimborso del capitale mutato) i limiti imposti sulla normativa antiusura.

Posta la natura usuraria dei tassi convenuti, occorre rilevare che il mutuo deve considerarsi certamente gratuito quanto ai tassi corrispettivi, per l’esplicita previsione posta dall’art. 1815 c.c.;

Occorre, tuttavia, rilevare che:

l’art. 1 L. 394/2000 dispone che “Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento;

l’art. 644 c.p., dispone che “Chiunque (omissis) si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, un corrispettivo di una prestazione di denaro o di un’altra utilità, interessi o altri vantaggi, è punito…”

Ciò detto, appare chiara la portata della riforma 108/1996, la quale deve ritenersi sanzioni la natura usuraria delle condotte costituenti reato di usura con la nullità delle convenzioni di interesse (corrispettivo o moratorio) collegate.

Inoltre, premesso che il caso concreto sottoposto rientra certamente nell’ambito di applicazione dell’art. 644 c.p., deve anche ritenersi che ogni vantaggio conseguito dalla banca (quindi, sia l’interesse corrispettivo che l’interesse moratorio) costituisca(no) profitto del reato e che tale vantaggio non possa quindi essere preteso – ex art. 185 c.p. – dall’autore del reato, nei confronti della persona offesa dal reato stesso.

Pertanto, dall’importo complessivo delle singole rate – nella composizione (individuata per ciascuna di esse nel piano di ammortamento, quanto a “quota capitale” ed a “quota interessi” – deve detrarsi la quota parte dovuta per interessi, senza che ciò possa determinare, anche ( quel che non è autorizzato da alcuna forma di legge, né dalla volontà delle parti espressa nel contratto, ovvero) la rielaborazione del piano di ammortamento con imputazione dei pagamenti rateali anzitutto al capitale e, ad esaurimento della restituzione di esso, all’adempimento dell’obbligazione di corresponsione degli interessi;

Ne consegue che la quota interessi corrisposta dal mutuatario per ogni singola rata versata dovrà imputarsi al pagamento delle quote capitale relative alle rate non pagate;

Risulta, quale ultima rata pagata, quella scadente il 31/03/3014 (come da documentazione prodotta dalla Banca): a quella data i mutuatari avevano pagato, quale quota di interessi non dovuti, la somma approssimativa di € 113.910, ovvero, una somma di gran lunga superiore a quella ulteriormente dovuta (circa € 20.200), in linea capitale, dalla data di scadenza dell’ultima rata pagata alla data della dichiarazione di risoluzione (dell’08/04/2015), ed anche a quella ulteriormente dovuta (circa € 82.800), in linea capitale, dalla data di scadenza dell’ultima rata pagata alla data di intimazione del precetto;

Deve quindi ritenersi che – poiché le rate corrisposte fino al precetto non devono imputarsi integralmente a restituzione del capitale mutuato – allo stato, non possa configurarsi l’inadempimento del mutuatario;

Appare quindi opportuno – in considerazione anche della natura tuttora controversa della questione – sospendere l’esecuzione;

P.Q.M.

Revoca l’ordinanza del 22/05/2018.

Sospende l’efficacia esecutiva del titolo.

Brindisi, 31/05/2018

 

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