la voce a Sud

blog d'informazione online – attualità, cronaca, notizie, cultura, storia, gastronomia, spettacoli, informazioni, aggiornamenti ed eventi dal territorio

cronaca

Sonia uccisa a martellate: i suoi assassini incastrati dal figlio di 16 anni

Fonte: senzacolonnenews.it

Si è occupato sino all’ultimo di quella mamma che non ce la faceva proprio a uscire dal buio della droga e dell’alcol, ha cercato ritagliarsi una vita normale, nonostante un ragazzo di 16 anni abbia bisogno dei suoi genitori, degli amici, della scuola. E a lui (lo chiameremo Andrea) mancava tutto questo. Il padre non c’è mai stato, la mamma era spesso solo fisicamente presente, chiusa in una stanzetta con un letto singolo addossato al muro, le pareti schizzate dal sangue delle siringhe usate per bucarsi. L’unico fiato era il nonno “Baffo” che 50 anni fa aveva lasciato Ceglie per andar cercare fortuna a Roma e aveva aperto un bar di Ostia. E lì era nata Sonia Nacci, 43 anni fa. Poi erano tornati a Ceglie andando a vivere, il nonno, la figlia e il ragazzino, in una casa in affitto al civico 36 di via Sarfatti, a due passi dalla chiesa di San Rocco. Ma prima i problemi alle gambe che gli impedivano di camminare e infine il Covid hanno relegato il nonno in un letto d’ospedale. Così Andrea anche quella notte era solo. Quando la mamma è rientrata a casa massacrata di botte, quando ha tentato di convincerla a chiamare l’ambulanza e quando nel cuore della notte ha chiesto aiuto al 118 con lei che non respirava più. Ed era solo quando, saputo che era morta in ospedale, ha deciso di incastrare gli assassini della madre, presentandosi nella caserma dei carabinieri.
C’è il volto triste di Andrea, mai un sorriso, neanche nelle poche foto pubblicate su Facebook, ma anche il suo coraggio, dietro l’arresto di chi avrebbe massacrato la mamma, colpendola con una mazzetta spaccapietre da muratore e spappolandole la milza. Non sono due qualunque, ma il padre e il fratello di uno dei suoi pochi compagni di giochi. A raccogliere il suo racconto, preciso, e a trovare poi i riscontri che hanno consentito di procedere agli arresti, i carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni. Con l’accusa di omicidio volontario sono stati rinchiusi nel carcere di Brindisi Giovanni e Christian Vacca, di 40 e 20 anni. Ma un ruolo nella vicenda, pur se non indagata formalmente, lo avrebbe avuto anche la compagna del padre.
Una storia di intrecci singolari, di violenza e di droga, che è tutta nei 150 metri che separano la casa di Sonia da quella dei Vacca, in via Comandante Gulli. Siamo nei vicoli di Ceglie, dove alle 11 di sera del 22 dicembre, la donna è stata massacrata di botte per strada e poi presa a martellate. Giovanni la teneva ferma da dietro e Christian infieriva, prima con i pugni, poi con il martello. Ha urlato, ha pianto. E nessuno sembra aver sentito. Storie di tossici e di spacciatori, meglio non metterci il naso.

Intrecci singolari, si diceva. Perché la mazza spaccapietre che sarebbe stata utilizzata per colpire la donna all’addome si trovava nella casa dei Vacca in quanto erano in corso lavori di ristrutturazione. Quei lavori li stava effettuando non uno qualunque, ma colui che da 14 anni era il compagno della donna e che li svolgeva gratis per onorare un debito di 125 euro che lei aveva con i Vacca, pare per dosi di cocaina non pagate.
“Questo è il mio bimbetto, lui mi sta vicino, senza interesse, mi consola, è la vita mia, oltre a mio figlio”: Sonia aveva pubblicato questo post il 14 dicembre, otto giorni prima di essere uccisa, insieme alla foto di Pierino, il cagnetto che aveva preso il posto di Fulmine che ancora rimpiangeva (“Fulmine era un razzo, allucinante”). In quella casa in realtà ci stavano stretti già in tre, non fosse altro perché Sonia se ne occupava poco: i carabinieri hanno trovato oggetti e suppellettili sparsi ovunque, piatti accatastati, vestiti e biancheria in ogni angolo della casa o appallottolati negli armadi. Anche nella stanzetta con due lettini che Andrea divideva con il nonno c’era poco spazio, persino per camminare.
“Mamma quando è tornata aveva i capelli arruffati e spettinati”, ha raccontato Andrea ai carabinieri la prima volta che ha parlato con loro e lei era in ospedale, ma ancora viva. Perché Sonia, fuori da quella casa che non riusciva più a portare avanti, e nelle poche occasioni in cui pubblicava una sua foto su Facebook, tentava di far rifiorire quella bellezza che si era spenta con la droga e l’alcol, in cerca di un lavoro che non trovava più e aggrappata ai soldi della pensione del padre che servivano a pagare l’affitto, il cibo e le dosi di cui non poteva più fare a meno.

Mancano due giorni alla vigilia di Natale e c’è già da un’ora il coprifuoco. Sonia ha un’accesa discussione telefonica con la compagna di Giovanni Vacca. Ha bisogno di una dose di cocaina, ma quella non ne vuole sapere perché evidentemente non ne aveva pagate altre e il credito è finito. Come racconta Andrea, la sua famiglia conosce e frequenta da tempo i Vacca, lui stesso va spesso in quella casa per via del figlio più piccolo, suo coetaneo. Dopo cena, nonostante il rifiuto telefonico, alle 23.30 Sonia esce da casa sua e va verso quella dei pusher che dista due minuti a piedi. Discute per strada con l’altra donna, poi – secondo la ricostruzione dei carabinieri riportata nell’ordinanza d’arresto – viene bloccata da Giovanni Vacca che le ha raggiunte sotto casa e la mantiene alle spalle mentre Christian la percuote con calci e pugni sul fianco sinistro. Poi uno dei due le sbatte più volte la faccia a terra.
Questo racconta ad Andrea la madre quando, un quarto d’ora dopo torna a casa con i capelli arruffati, ma anche i lividi su tutto il corpo e con dolori all’addome che non riesce a parlare. Gli nasconde però che è stata colpita anche con un martello di quelli con la punta quadrata piatta che i muratori usano per spaccare i mattoni. Un martello che il suo compagno aveva lasciato in quella casa, mai immaginando che sarebbe servito a uccidere la sua donna.

Sonia va a dormire nonostante Andrea voglia chiamare l’ambulanza perché la vede sofferente e sotto choc. Alle due di notte è lei a chiedere al figlio di telefonare al 118. Viene trasportata all’ospedale di Francavilla dove scoprono che ha la milza perforata dalle martellate. Gliela asportano e poi la trasferiscono le reparto di Rianimazione dell’ospedale di Taranto dove morirà in mattinata.
Nel frattempo i Vacca tentano di cancellare gli indizi mettendo in giro la voce di un’aggressione che Sonia avrebbe subito nei pressi della chiesa di San Rocco. E poi tengono d’occhio il suo compagno che quella mattina, quando ancora Sonia è in ospedale ma viva, è andato a lavorare in casa dei suoi presunti assassini. E’ lì che lo cercano i carabinieri per interrogarlo. E in serata, quando si è saputo che non ce l’ha fatta, lo chiamano al telefono per chiedergli se il giorno dopo andrà comunque a finire il lavoro da loro. E non avendo ottenuto risposta la moglie di Vacca raggiunge l’uomo in piazza per chiedergli se andrà a lavorare da loro. Vuole, evidentemente, capire quanto egli sappia dell’accaduto: “Ma mi state prendendo per il culo?”, risponde. E se ne va.
I carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni (coordinati dal capitano Antonio Corvino e dal tenente Alberto Bruno), una volta appurato che il compagno non ha nulla a che vedere con quella morte, parlano a lungo con il figlio che si presenta in caserma accompagnato da un tutor della casa famiglia in cui è stato trasferito dopo l’aggressione alla madre. Mettono sotto controllo alcuni telefoni e poi effettuano una perquisizione, che si rivelerà decisiva, in casa dei Vacca. Sequestrano i telefonini della coppia che contengono la memoria di alcune chiamate e fotografie raffiguranti un bilancino e una cipolla, presumibilmente di droga. Ma soprattutto un paio di scarpe intrise di sangue e tre mazze spaccapietre, una delle quali – secondo il medico legale che effettua l’autopsia – compatibile con i colpi ricevuti da Sonia alla milza. Ma i Vacca non abbassano la guardia e, come se nulla fosse, fanno sapere ad Andrea che non potrà più recarsi a casa loro perché – arrivano a dire persino – lo sospettano che abbia rubato oggetti del figlio.
Ma il lavoro investigativo dei carabinieri rende vani tutti i tentativi di confondere le indagini e il magistrato inquirente, Raffaele Casto, mette insieme in maniera meticolosa tutti gli elementi del puzzle, e il gip Vittorio Testi non solo di emette le due ordinanze di custodia cautelare in carcere per omicidio volontario, ma inquadra la contorta dinamica familiare in cui il delitto è avvenuto, sottolineando che “Giovanni Vacca con la compagna, immediatamente dopo i fatti, hanno tentato di mistificare la realtà degli accadimenti, offrendo false piste al compagno della vittima e chiedendo notizie sul luogo in cui era stato collocato il figlio della vittima”. Il gip sottolinea che tale comportamento rende tangibile il rischio che i Vacca potessero tentare di compromettere la genuinità delle prove utilizzando la violenza per costringere a ritrattare.

Andrea ora non è rimasto solo. La comunità alla quale è stato affidato lo ha seguito in questi mesi e supportato in tutte le fasi del suo dramma, dalla denuncia, agli incontri con i servizi sociali. Sarà un cammino difficile il suo, ma è un ragazzo forte. Lo ha dimostrato facendo arrestare chi ha ucciso in maniera così brutale la madre. Si merita un’altra vita, che forse è appena cominciata.

Exit mobile version