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Divieto di avvicinamento alla persona offesa e predeterminazione dei luoghi

Fonte:altalex

Nel disporre la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, ex art. 282 ter c.p.p., il giudice deve necessariamente determinare specificamente i luoghi oggetto di divieto?

La Suprema Corte di Cassazione, sezione VI penale, risponde alla domanda con l’ordinanza 28 gennaio – 1° marzo 2021, n. 8077 (testo in calce).

Nel procedimento da cui scaturisce la pronuncia in questione l’indagato veniva attinto dalla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla madre in relazione alla contestazione mossagli con l’imputazione provvisoria di maltrattamenti ex art. 572 c.p. La misura de qua, assistita dalle ulteriori prescrizioni di non comunicare con la stessa e di mantenere la distanza di almeno 300 metri da lei, veniva confermata in sede di riesame cautelare.

Avverso il provvedimento emesso in fase di impugnazione la difesa interponeva ricorso per cassazione deducendo plurimi vizi di legge e motivazione riguardo: alla mancanza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di maltrattamenti; all’assenza di una congrua motivazione in merito agli stessi e di autonoma valutazione giudiziaria delle emergenze indiziarie; infine, per quel che maggiormente interessa alla luce dell’ordinanza che si annota, alla mancata indicazione specifica dei luoghi rispetto ai quali vige il divieto di avvicinamento alla persona offesa.

Il contrasto giurisprudenziale

La misura cautelare applicata al ricorrente ha posto nella prassi applicativa un problema interpretativo che ha trovato diverse soluzioni giurisprudenziali: quello della necessaria specificazione dei luoghi oggetto del divieto di avvicinamento alla persona offesa o della sufficiente  imposizione generica del divieto.

A quest’ultimo orientamento ha aderito il Tribunale del riesame nel confermare la misura a carico del ricorrente, in linea con un filone ermenutico, formatosi soprattutto in relazione al reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p., secondo cui l’ordinanza che dispone il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa non deve indicare specificamente i luoghi oggetto di divieto, dovendo la predetta individuazione avvenire con riferimento ai luoghi in cui, di volta in volta, si trovi la persona offesa: ciò, in quanto, diversamente ragionando si consentirebbe all’agente di avvicinarsi alla persona offesa nei luoghi non rientranti nell’elenco tassativo definito dal giudice, frustrando la ratio della norma, tesa alla più completa tutela del diritto della persona offesa di poter vivere in condizioni di assoluta sicurezza. La predeterminazione dei luoghi risulterebbe dissonante con le finalità della misura venendo a porsi come un’inammissibile limitazione del libero svolgimento della vita sociale della persona offesa, che viceversa costituisce precipuo oggetto di tutela della norma.

Secondo un diverso orientamento il divieto di avvicinamento deve necessariamente indicare in maniera specifica e dettagliata i luoghi rispetto ai quali è inibito l’accesso all’indagato, non solo in quanto il dato normativo fa espresso riferimento a luoghi “determinati”, ma anche perchè, diversamente opinando, l’indagato verrebbe assoggettato a limitazioni della proprià libertà personale di carattere indefinito .

In questa diversa visione, solo tipicizzando la misura, il provvedimento cautelare assume una conformazione completa, che consente il controllo delle prescrizioni funzionali al tipo di tutela che la legge intende assicurare, garantendo il giusto contemperamento tra esigenze di sicurezza, imperniate sulla tutela della vittima, e minor sacrificio della persona sottoposta ad indagini.

La sentenza

Il Collegio, investito della decisione, ha ritenuto di rimettere alle Sezioni Unite la  soluzione della questione interpretativa oggetto di perdurante contrasto giurisprudenziale,  osservando come il dato letterale non offra indicazioni dirimenti circa la correttezza dell’una o dell’altra opzione interpretativa in quanto l’impiego della disgiunzione “ovvero” (“con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa, anche disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275 bis”) non appare decisivo decisivo nè per sostenere che quando il divieto di avvicinamento riguardi la persona fisica del soggetto tutelato dalla misura, possa prescindersi dalla indicazione dei luoghi da questi abitualmente frequentati nè per affermare che quella indicazione debba indefettibilmente accompagnare la prescrizione del divieto di avvicinamento.

Secondo la Corte lo sforzo interpretativo non deve necessariamente porsi in termini di alternatività delle due opzioni ma deve misurarsi con le concrete esigenze di tutela che si vogliono garantire con l’imposizione della misura, modulando il contenuto di quest’ultima a seconda della necessità di neutralizzazione del rischio imposta dal caso di specie.

In questi termini, peraltro, si era pronunciata la Sesta Sezione della Corte di Cassazione con una decisione “intermedia” fra le due opzioni interpretative sopra indicate  (sentenza n. 28666 del 23/06/2015), secondo cui l’articolo 282 ter c.p.p., comma 1, ha un contenuto flessibile che permette di calibrare la misura cautelare contemplata, in relazione alle caratteristiche del fatto e alla pericolosità dell’indagato, sia guardando ai luoghi frequentati dalla vittima che prendendo, come parametro di riferimento, direttamente il soggetto che ha patito l’azione delittuosa. In quest’ultimo caso non sarebbe necessario delimitare, attraverso l’indicazione di luoghi ben individuati, il perimetro di operatività del divieto; viceversa quando il provvedimento faccia anche riferimento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, il divieto di avvicinamento dovrebbe necessariamente indicare in maniera specifica e dettagliata i luoghi rispetto ai quali è inibito l’accesso all’indagato.

Nella perduranza del contrasto e sposando l’opzione appena indicata la Corte ha rimesso alle Sezioni Unite la questione “Se nel disporre la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, ex art. 282 ter c.p.p., il giudice deve necessariamente determinare specificamente i luoghi oggetto di divieto”.

CASSAZIONE PENALE, ORDINANZA N. 8077/2021 >> SCARICA IL PDF

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