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La casa di Elisa Springer non sarà più un museo

Fonte: lavocedimanduria.it

Desiderata dal sindaco e sponsorizzata da Archeoclub che aveva lanciato la proposta dell’azionariato popolare per l’acquisto, la casa di Elisa Springer non sarà più un museo sulle atrocità naziste e sulle discriminazioni razziali. Ad acquistarla non è stato il comune ma un privato.  

La casa in via Dei Mille 25, a Manduria, dove è vissuta la famiglia Springer-Sammarco è stata acquistata da un giovane imprenditore manduriano. Svaniscono così le speranze di qualcuno di fare di quel modesto alloggio una casa-museo intitolata a Elisa Springer, l’ex deportata di origini viennesi scampata ai campi di concentramento nazisti, vissuta poi a Manduria città dell’uomo che aveva sposato, Guglielmo Sammarco.

Il nuovo proprietario che ha scoperto l’origine di quell’appartamento solo al momento del rogito al notaio, non ha ancora deciso cosa farne. Forse un B&B, oppure una casa dove andarci a vivere con la compagna. «Non avevamo idea di chi fossero i vecchi proprietari, a noi è piaciuta per la sua posizione in centro città e poi per le sue volte a botte», confessa l’imprenditore che ha già preso possesso del bene. A gestire la vendita è stata un’agenzia immobiliare nazionale con sede nella città Messapica che in precedenza avrebbe avuto dei contatti con altri compratori. Tra questi l’amministrazione comunale che si è poi lasciata sfuggire l’occasione, evidentemente non più interessata.

Ad esprimere il desiderio di farne una casa-museo intitolato alla signora Springer e all’olocausto più in generale, era stato proprio il sindaco Gregorio Pecoraro durante l’ultima giornata commemorativa della Shoa. L’idea era poi piaciuta agli attivisti della sezione manduriana di Archeoclub che si erano spinti oltre proponendo un azionariato popolare per fare di Via Dei Mille 25 «un centro di documentazione non solo sulla vita e l’attività di Elisa Springer, ma anche su ciò che fu la persecuzione razziale in Italia». 

Troppo tardi. L’inerzia della pubblica amministrazione è rimasta indietro e ad arrivare per primo è stato il fiuto per l’affare dell’imprenditore che però non si tira indietro a possibili future collaborazioni. «Se decidiamo di non venire ad abitarci, potremo accordarci per fare qualcosa di diverso con la collaborazione del comune», fa sapere l’imprenditore che tra le poche cose trovate nel vecchio appartamento sta raccogliendo tutto ciò che possa servire a tramandare il ricordo di chi tra quella mura è vissuto per 50 anni. Proprio lì dove Elisa Springer ha celato per lunghi anni la sua esperienza di deportata, sino al 1997 quando, aiutata e spinta dal figlio Silvio decide di raccontare al mondo la sua sofferenza e gli orrori del nazifascismo scrivendo la sua autobiografia, «Il silenzio dei vivi», che diventerà un best seller internazionale.

Nelle piccole stanze che conservano ancora gli odori dell’incredibile storia dell’ebrea manduriana, sono ancora presenti piccoli oggetti di vita quotidiana, qualche vecchio mobile di scarso valore, dei vestiti custoditi nel cellophan e cianfrusaglie varie appartenute all’ex deportata. Riconoscibile anche il piccolo angolo della casa dove il figlio Silvio, medico di famiglia molto apprezzato nel suo ambiente, faceva ambulatorio e visitava i suoi pazienti. A ricordare l’altra triste storia di questa casa (l’unico e adoratissimo figlio di Elisa morì per un infarto a 53 anni), un bustone nero contenente vecchi farmaci e bende per la medicazione.  

Nazareno Dinoi

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