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Don Antonio Longo è stato “licenziato” dal Papa

L’ex sacerdote è molto noto negli ambienti ecclesiastici tra Manduria e Oria per essere stato l’ex collaboratore parrocchiale della chiesa San Giovanni Bosco

fonte lavocedimanduria.it


Dopo essere stato sospeso quattro anni fa dal vescovo di Oria, adesso arriva il conto anche da parte del Santo Padre. Don Antonio è originario di Latiano (Brindisi) e negli anni scorsi è già stato protagonista di diverse vicende giudiziarie. “Il 26 luglio 2019 la Congregazione per il Clero – si legge nel comunicato stampa – ha comunicato al Vescovo di Oria la decisione assunta da sua Santità Papa Francesco di dimettere il sacerdote Antonio Longo dallo stato clericale, con relativa dispensa dagli obblighi sacerdotali, compreso il sacro celibato. Tale decisione è inappellabile e non è soggetta ad alcun tipo di ricorso”

L’ex sacerdote è molto noto negli ambienti ecclesiastici tra Manduria e Oria per essere stato l’ex collaboratore parrocchiale della chiesa San Giovanni Bosco. Nel 2015 fu sospeso dal vescovo da ogni attività religiosa dopo alcuni “rimproveri” da parte della curia. Il religioso esonerato, oggi 45enne, è stato il braccio destro di don Dario De Stefano, parroco della chiesa Don Bosco del Villaggio del Fanciullo di Manduria (Taranto). L’ex sacerdote era stato già colpito da un precedente provvedimento disciplinare da parte del vescovo di Oria che nel 2011 lo declassò a padre spirituale e lo trasferì a Manduria. Longo che era stato anche parroco a Erchie (Brindisi), aveva realizzato nella sua chiesa un gazebo del valore di ventimila euro senza avvertire i suoi superiori che lo punirono. Nel 2012 le cronache si occuparono ancora di don Antonio per una vicenda legata ad una eredità contesa. In quella occasione il sacerdote latianese denunciò un suo nipote che fu condannato a otto mesi di reclusione per ingiurie e violenze private nei confronti dello zio prete.

Attualmente Antonio Longo si trova ad Ascoli Piceno (così come fa sapere il vescovo di Ascoli a La Voce di Manduria ndr). “Mi si dice – scrive il vescovo di Ascoli che sia stato dimesso dallo stato clericale, ma egli non ha mai ricevuto il Decreto della Santa Sede, pur avendolo domandato insistentemente al Vescovo di Oria e, mi pare, continua a chiederlo”.

“Con certezza – continua il Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno – don Antonio non esercita nessun ministero di sacerdote in nessuna parrocchia della Diocesi e per quanto posso sapere, intende trasferirsi definitivamente in questo territorio. Da un mese gli ho affidato il compito di curare gli ospiti (persone in difficoltà ndr) della casa di accoglienza Sant’Emidio annessa alla Curia di questa Diocesi”. Intanto però arriva la comunicazione da parte della Diocesi di Oria che afferma quanto detto in precedenza e cioè che don Antonio Longo sia stato esonerato da Papa Francesco.

“La decisione del Papa –si legge ancora nel comunicato della Curia di Oria – costituisce l’esito di un approfondito procedimento canonico avviato dalla Diocesi nel 2018 e portato avanti sulla base di indicazioni e richieste da parte della Congregazione per il Clero. Il procedimento non ha riguardato imputazioni penali, né canoniche né civili, inerenti persone minori, ma ha riguardato aspetti fondamentali della vita sacerdotale. Una pena nella Chiesa viene inflitta sempre in vista di un bene maggiore, sia per colui che ne viene raggiunto, sia per l’intera comunità cristiana. Accogliamo con docilità questa decisione, custodendola nella preghiera”.

“Antonio Longo non è scomunicato; – continuano – rimane in comunione con la Chiesa in quanto fratello battezzato in Cristo ed è invitato ad attingere, come ogni fedele, alla grazia del Vangelo e dei Sacramenti. Ogni procedimento penale canonico prevede che sia garantito il pieno diritto alla difesa, il suo concreto esercizio anche attraverso l’assistenza di un avvocato e un’effettiva condizione di parità processuale fra l’accusa e la difesa. Così è stato, rigorosamente, anche per don Antonio Longo. Nel corso del procedimento canonico, don Antonio Longo ha avuto la possibilità di difendersi e l’ha esercitata attraverso le sue deposizioni orali e scritte e dei testimoni da lui indicati e dal suo legale” concludono.

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