la voce a Sud

blog d'informazione online – attualità, cronaca, notizie, cultura, storia, gastronomia, spettacoli, informazioni, aggiornamenti ed eventi dal territorio

cronaca

Frammenti di guanti insanguinati nel cortile di via Montello: un errore del killer nel delitto (quasi) perfetto?

Fonte: corrieresalentino.it

LECCE – Tracce dell’assassino nel delitto quasi perfetto: frammenti di guanti insanguinati sono stati ritrovati nel cortile del condominio di via Montello. Si fa così sempre più serrata la caccia all’assassino di Daniele De Santis e della sua compagna Eleonora Manta. Da lunedì sera si cerca un giovane. Un killer. Spietato, freddo e brutale. Ha dilaniato corpi e vite di due ragazzi con oltre 60 coltellate accanendosi sulle vittime con una violenza quasi ferina. Trentacinque pugnalate alla ragazza: qualcuna in meno al suo compagno. Una carneficina. Un duplice omicidio, alla luce dei giorni trascorsi, pianificato in maniera quasi chirurgica e premeditata. Gli ultimi risvolti confluiti nell’indagine consentono di fotografare con maggior nitidezza le istantanee della mattanza di via Montello. Al lavoro i carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce insieme ai colleghi della Compagnia di viale Lupiae supportati dai militari del Reparto crimini violenti del Ros (in città è stato segnalato il ritorno del colonnello Paolo Vincenzoni) e dagli specialisti del Ris.

Un’attività tambureggiante condotta senza sosta in stretta sinergia con il Procuratore Capo Leonardo Leone De Castris (sua la firma nell’indagine, in veste di sostituto, sul delitto di Maria Monteduro, la dottoressa di 40 anni, uccisa a colpi di cacciavite la notte tra il 24 e il 25 aprile 1999 mentre era in servizio di guardia medica a Gagliano del Capo) e gli aggiunti Elsa Valeria Mignone e Guglielmo Cataldi insieme al sostituto Maria Consolata Moschettini.

L’assassino è ancora libero. Libero di muoversi, libero di attendere gli esiti dell’indagine ovunque gli facesse piacere nonostante il pressing investigativo e mediatico sia diventato sempre più asfissiante. Ha compiuto una mattanza, probabilmente, premeditata da giorni lasciando però qualche traccia del suo passaggio; qualche macchia in un duplice delitto apparentemente perfetto. Il killer ha pedinato e seguito i due ragazzi. E lunedì sera si è appostato sotto casa e ha atteso l’orario propizio per compiere la duplice missione di morte. Probabilmente ha studiato il percorso nei giorni precedenti per poi entrare in azione nel primo giorno in cui Daniele ed Eleonora avevano deciso di trasferirsi nella casa in cui l’arbitro leccese era cresciuto con i suoi genitori. Non può essere un caso. Tutt’altro. Il killer, accecato dalla rabbia, si è presentato nell’abitazione. E all’interno ha messo in atto il suo piano di morte.

Non può essere solo frutto del caso l’accanimento nei confronti di Eleonora colpita a morte con troppe coltellate su più parti del corpo per non pensare che fosse proprio la ragazza, con il sogno di indossare una toga, il bersaglio principale dell’omicida. Tutt’altro. C’è l’arma utilizzata, poi, a corroborare la pista di una vendetta passionale: il coltello. Come accaduto anni fa nell’omicidio di Noemi Durini, la ragazza di 15 anni di Specchia, ammazzata dal suo fidanzato a coltellate e a colpi di pietra. In via Montello, però, la violenza è stata ancora maggiore. L’omicida non ha risparmiato neppure il compagno della ragazza. Forse testimone scomodo perché potesse rimanere in vita l’assassino ha affondato la lama sulle scale del condominio. Una, due, dieci, venti volte e più. Eppure in questa ricostruzione (ipotizzata e nulla più) qualcosa non quadra. Come ha potuto un singolo individuo, seppur armato, sopraffare due persone unite e affiatate infierendo sul corpo prima della ragazza e poi su quello del suo compagno senza che venisse fermato? Senza che uno dei due prendesse tempo, temporeggiasse in attesa di allertare i soccorsi. Buchi neri.

Poi la fuga. Felpa nera, cappuccio, guanti, zainetto giallo e pantalone nero. Un abbigliamento neppure questo casuale. Tutt’altro. Il killer si è mimetizzato nell’oscurità del look e dell’orario. Ma nel delitto perfetto c’è qualche macchia. Nella concitazione della fuga il carnefice avrebbe perso dei fogliettini intrisi di sangue (ritrovati nello spiazzo del condominio) in cui era stato annotato il percorso per sfuggire agli occhi delle telecamere di videosorveglianza installate in zona; altre macchie di sangue sono state repertate dalla Scientifica all’esterno del palazzo. A chi appartengono? E frammenti di guanti insanguinati sono stati trovati dai poliziotti della scientifica all’ingresso dell’abitazione di via Montello. Ora saranno inviati ai carabinieri del Ris di Roma per capire se l’omicida ha lasciato la sua firma sulla scena del delitto.

Incattivito, eccitato dal delitto, si è allontanato a piedi ma la sua sagoma sarebbe stata immortalata durante la fuga nei pressi del sottopasso di via Monteroni. E l’arma? Avrà utilizzato qualche luogo isolato come camera di compensazione, come spogliatoio improvvisato destinato ad inghiottire le tracce dell’esecuzione (alcune, pare, perse per strada) e a riemergere con un’apparenza normale, perbene, inappuntabile, di un soggetto che si allontanava senza alcun rigurgito di coscienza mentre lo stridore delle sirene delle forze dell’ordine e dei soccorritori iniziava a riecheggiare sulla scena del delitto?

Una veste esteriore, un’altra interna, una doppia pelle, quasi frutto di un atteggiamento bipolare. Come l’atteggiamento di chi è carnefice e vittima, predatore e preda, di chi assume una condotta uguale davanti allo stesso evento. Teso? Nervoso? Tutt’altro. Si è volatilizzato camminando. Senza fretta. Senza affannarsi. Seguendo un piano preordinato rispettato alla lettera. E allora da dove potrà arrivare qualche traccia dell’assassino fantasma. Si confida nel lavoro del Ris, sulle eventuali impronte lasciate sul corpo delle due vittime per isolare il dna e su tracce sui bigliettini persi. O magari il suo nome è custodito nella memoria dei telefonini, nei computer dei due ragazzi, nelle chat, nella messaggistica dei social dove spesso si nascondono verità scomode e segrete in particolare nelle vite di ragazzi. Ma la svolta potrebbe arrivare direttamente dai laboratori del Ris di Roma.

Mentre l’assassino (il wanted numero 1) continua, dopo cinque giorni, nel suo personale duello con investigatori e inquirenti. Non si è costituito. Tutt’altro. Ha deciso di portare avanti la sua sfida anche nel post-omicidio ben sapendo che il suo destino appare segnato (arresto, processo, condanna e lunga detenzione) magari facendo leva su coperture di persone a lui vicine che si stanno rendendo prima moralmente e poi penalmente complici di un delitto così atroce.

Exit mobile version