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La Cassazione: figlio pusher? Perde il mantenimento da parte del padre

Fonte: brindisireport.it

Emmanuele Lentini

Emmanuele Lentini

ORIA – Se il figlio non è economicamente indipendente ma è un presunto pusher, non deve venire mantenuto dal padre, rappresentato dall’avvocato Antonella Rizzo dello studio Rizzo-Sartorio. E’ quanto ha deciso la Cassazione, sesta sezione civile, in merito a un caso in cui sono coinvolti genitori separati e figlio oritano, 21enne all’epoca della separazione. Per gli ermellini la presunzione d’innocenza non basta, i fatti storici – perquisizione e relativo ritrovamento della droga, bilancino e soldi – non sono contestabili. Si discute “solo dell’atteggiamento colpevole del figlio nella ricerca di un lavoro”, si legge nell’ordinanza della Cassazione. I giudici in questo terzo grado confermano quanto stabilito l’11 agosto 2020 dalla Corte d’Appello di Lecce: il figlio non deve essere mantenuto dal padre, in quanto non ricerca attivamente un lavoro. E la madre perde l’assegnazione della casa – nella quale viveva col figlio -, madre coinvolta anche nelle vicende penali del figlio. (nella foto sotto, gli avvocati Antonio Sartorio e Antonella Rizzo)

avvocati Antonio Sartorio e Antonella Rizzo-2

Sono due i punti salienti da tenere presente: l’arresto di madre e figlio e il divorzio. I due vengono arrestati dai carabinieri con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti. La perquisizione dei militari, infatti, aveva avuto esito positivo: erano stati trovati cocaina, bilancino e 4mila euro in contanti. I due, fino a sentenza definitiva, sono da ritenersi innocenti, ovviamente. Poi c’è il divorzio, davanti al Tribunale di Brindisi. In primo grado la casa coniugale viene assegnata a madre e figlio, perché non è stata provata la colpevolezza degli imputati. L’avvocato Rizzo non ci sta e si va in appello. A Lecce la situazione cambia: ricorso accolto e sentenza di primo grado riformata. Questa volta è la madre che non ci sta, si va in Cassazione. E qui arriva l’ordinanza. Il ricorso viene dichiarato inammissibile, il figlio perde il diritto a essere mantenuto, la madre perde l’assegnazione della casa. 

Un passaggio saliente della sentenza: “Il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento sussiste solo fin quando è in atto un percorso formativo avente a oggetto la ricerca di un’attività lavorativa e l’inserimento nel mondo professionale, non quando invece manca qualsiasi progettualità o iniziativa in ordine all’inserimento nel mondo del lavoro come nella fattispecie in cui il figlio non ha dimostrato alcun interesse a intraprendere una qualsiasi carriera”. L’avvocato Antonella Rizzo, dal canto suo, commenta in questi termini la vicenda: “Credo che questo sia un precedente importante per i padri separati, perché si tratta di un nuovo orientamento a tutti gli effetti. Non è giusto che il padre debba essere un bancomat, laddove il figlio non cerca attivamente lavoro e magari si può dedicare ad attività illecite”.