la voce a Sud

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TIEMPU TI MIESSI (Tempo di Mietitura)

Giugno è stato sempre un mese quasi sacro per gli agricoltori. Era il mese in cui si mieteva il grano, fonte principale di approvvigionamento alimentare per molte delle famiglie dei nostri piccoli paesi meridionali.

Tiempu ti miessi. Mi riporta a momenti particolari della mia infanzia.

Vicino casa mia c’era una signora, Pompea Roma, nonna di Palmino Micelli, che poveretta non ricordava il giorno della nascita e quando le chiedevamo: ” Quando sei nata?- ci rispondeva- ”Tiempu ti miessi, a mienzu allu cranu”. Ed era vero, spesso in un periodo storico quando non vi erano falciatrici e ancor meno mietitrebbie, il falciare il grano era fatto a mano da mietitori che venivano seguiti da gente che ”scirmitava”. Erano coloro i quali che raccoglievano i mazzi di spighe ”sieddi”, li mettevano insieme per raggrupparli e fare ”li mannucchi” (un insieme di gambi e spighe alla sommità)

Era un lavoro che spesso veniva svolto da donne che il cui stato di gravidanza non era da ”ostacolo” al lavoro duro dei campi.

La Pompea Roma, nacque da una di quelle donne.

Poi li mannucchi venivano caricati sui traini e portate sulle varie ”ere” (aie), dove venivano messi insieme in govoni a secondo dei proprietari.

Vi erano le trebbie alimentate da caldaie a legna o a carbone prima, e a carburanti da petrolio dopo, che giravano per le varie aie in giorni e periodi prestabiliti.

A Torre vi erano numerose aie, c’era ”l’era ti lu cavallu”, in Contrada Santa Maria, poco dopo il Cimitero, vicino alla stessa vi era quella ti lu Tori ti lu Carmunu (Salvatore Gianfreda), vi era quella ti li munticieddi, di proprietà dei Frioli, che avevano anche una trebbia in proprietà, come dalle foto che vi mostriamo.

Poi c’era l’era ti la ciculina, poi quella ti li Gisuvini e, tra quelle che ricordo io, quella ti lu cusiminu ti li bianchi (Cosimo Morleo), in Via Latiano alle spalle dove oggi c’è il distributore di benzina. Proprietari di trebbie erano anche i Mattiacci, la cui famgilia aveva un mulino all’angolo tra Via Giuseppe Maria Conti e Via Ellera.

Credo ve ne fossero altri, e in ogni caso, in ogni masseria si accumulavano i govoni fatti di mannucchi della produzione delle masserie stesse.

Era lavoro duro, ma festa e socializzazione.

Ci si aiutava tra contadini e ci si rispettava in momenti di duro lavoro, perchè per i nostri contadini il prodotto della terra, frutto del loro lavoro, diveniva qualcosa di sacro, e l’aiutarsi e rispettarsi a vicenda era frutto di quel senso di sacralità.

Oggi ci sono le mietitrebbie, non ci sono più le aie, e si sono perse pure quelle donne e quei ragazzi, uno è chi scrive, che andavano alli ”Spichi rrinnuti”. Era un raccogliere le spighe rimaste per terra dopo che erano passati i mietitori, e con quella raccolta di spighe, spesso si riusciva a fare le provviste di grano per tutto l’anno per molte famiglie dei nostri paesi.

Non è nostalgia, ma è cultura e vita che noi vogliamo riportare a chi, più giovane di noi, non ha conosciuto quei momenti e quelle figure di lavoratori e di lavoratrici.

Uccio Missere

Seguirà un altro pezzo in cui parleremo del lavoro intorno alle trebbie

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