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cronaca

Sampieri, un bambino muore sbranato da quattro cani

fonte ragusanews.it

Scicli – Giuseppe Misicoro Brafa, un bambino di dieci anni muore sbranato da quattro cani, un altro di nove anni in prognosi riservata, un adulto ferito. E’ il terribile bilancio di tre distinte aggressioni che si sono verificate domenica a mezzogiorno a Punta Pisciotto a Sampieri, al confine tra i territori di Modica e Scicli.

Una tragedia che si poteva decisamente evitare. Un branco di cani, stanziale in quel luogo, vagola inferocito a caccia di prede. Non è la prima volta che accade. Parecchie le segnalazioni e le denunce la scorsa estate. Il branco di cani randagi (nessuno di essi è di razza, tutti incroci) trova sulla propria strada un quarantasettenne di Modica. L’uomo era in bici lungo nella parte periferica di Marina di Modica, quella che digrada verso Punta Pisciotto, la cosiddetta “mannara” del commissario Montalbano. L’uomo, ferito, riesce a fuggire, e lancia l’allarme, mentre i sanitari della Guardia Medica di Pozzallo lo medicano. Sul posto arrivano i carabinieri della compagnia di Modica.

Pochi minuti dopo, un bambino di nove anni, intento a una spensierata passeggiata sugli scogli, viene aggredito. Urla, scappa, chiede aiuto. Arrivano i militari, lo traggono in salvo.

Intanto, un appuntato dei carabinieri si inoltra nella selva di vegetazione di un sentiero impervio, intuisce che i cani provengono tutti da quel luogo. Si sentono le urla di un bambino, che chiede disperatamente aiuto. Trova il piccolo Giuseppe Brafa riverso a terra, le carni dilaniate, quattro cani gli leccano il sangue. Il militare lo soccorre e viene a sua volta aggredito stavolta da un branco di una decina di cani che fuoriescono all’improvviso da un casolare rustico in cui, si scoprirà dopo, hanno la loro tana una cinquantina di animali.

L’uomo è costretto a riparare in un albero, lancia delle pietre all’indirizzo dei cani, è tentato di esplodere dei colpi di arma da fuoco per allontanarli, ma non vuole colpire il bambino. Arrivano rinforzi, il piccolo Giuseppe viene sottratto dalle quattro bestie che ne leccano il sangue.

Accorrono i familiari, che hanno la loro casa di villeggiatura in quella disgraziata trazzera.

Trasportato dal 118 al Maggiore di Modica, i sanitari capiscono subito che bisogna attivare il trasporto in elisoccorso al Garibaldi di Catania.

Il bimbo ha una gamba maciullata, morsi dappertutto sulla testa, le funzioni vitali potrebbero essere compromesse.

Arriva l’elicottero, ma alle 15,30, mentre è in volo, il bambino muore. La sua salma viene portata all’obitorio del Maggiore di Modica. Sul posto anche il sindaco di Modica e il collega di Scicli, insieme a parecchi amministratori. C’è rabbia e costernazione per ciò che è accaduto.

I genitori di Giuseppe Brafa (la famiglia risiede a Modica Alta) sono in viaggio, in auto, alla volta di Catania, quando li raggiunge la telefonata che mai avrebbero voluto ricevere: “Giuseppe è morto, tornate indietro”.

Intanto, si apprende delle condizioni degli altri. Il quarantasettenne è stato medicato a Pozzallo e se la caverà in pochi giorni, l’altro bimbo, di nove anni, ha una prognosi di venti giorni ed è ricoverato in pediatria, al Maggiore.

Un’atmosfera irreale attende i genitori di Giuseppe, di ritorno dal viaggio lungo la Ragusa-Catania. Davanti all’obitorio tanti carabinieri, il comandante della compagnia di Modica, Alessandro Loddo, uno zia del bambino, con la moglie, affranti, attoniti.

Nei vigneti tra Sampieri e Marina di Modica, altri militari effettuano i rilievi, interrogano il proprietario dei cani, Virgilio Giglio, 64 anni, conosciutissimo per essere uno dei proprietari storici dell’edicola di piazza Italia. L’uomo non sa ancora che il bambino è morto. In settembre fu denunciato dalla polizia municipale di Scicli e dai carabinieri per l’aggressione che i suoi cani avevano fatto in danno di una turista, in agosto, lungo la spiaggia di Sampieri.

La polizia municipale aveva chiesto il trasferimento dei cani in un canile, ma questi erano stati affidati dalla Procura in custodia al proprietario. In serata arriva il mandato di cattura per Virgilio Giglio.

Quando i carabinieri hanno chiesto a Virgilio Giglio di seguirli in caserma, salendo nella loro auto d’ordinanza, l’uomo ha detto che sarebbe andato con la propria A 112, ignorando che il bambino fosse morto, che per lui si aprivano le porte del carcere. Quando i carabinieri sono stati più espliciti, l’uomo ha scatenato i cani contro i militari. E’ scattata la flagranza ed è stato arresto per resistenza a pubblico ufficiale, omicidio colposo, omessa custodia di beni sottoposti a sequestro.

Intanto, una ditta specializzata di Ragusa, ha caricato in dei furgoni gli animali, una cinquantina in tutto. Con ogni probabilità saranno abbattuti.

Tutti sapevano che in quel casolare c’era un branco di cani pericolosi, esacerbati da una condizione di claustrofobia che ne aumentava l’aggressività. Denunce, segnalazioni, fino all’episodio della scorsa estate, segnalato con enfasi dai giornali, avrebbero dovuto impedire che la disgrazia si verificasse. Una tragedia assurda.

 Le ultime parole di Giuseppe: “Sento freddo”

“Sento freddo, aiuto, mi aiuti”.

Il piccolo Giuseppe Brafa giace riverso a terra, poco distante dalla sua bici. I quattro cani che lo hanno azzannato, dopo aver infierito sulla preda, lo leccano. Un carabiniere lo avvolge in una giacca a vento, mentre altre bestie si avvinghiano a quest’ultimo, costringendo a riparare su un albero. Arrivano altri militari, i cani vengono scacciati, Giuseppe, il corpo in brandelli, viene trasferito in ospedale.

Per lui è in arrivo l’elicottero che da Modica lo porterà a Catania. Appena il tempo di alzarsi in volo e il bimbo esala l’ultimo respiro.

Al Maggiore di Modica un capannello di giornalisti, cameraman, fotografi chiede notizie al capitano Alessandro Loddo. Ad attendere il rientro a Modica dei genitori di Giuseppe, partiti alla volta di Catania in auto, speranzosi di trovare il figlio ancora in vita nel capoluogo etneo, uno zio e una zia del bambino.

Lo zio accarezza il viso a un giornalista: “Cancelli quella foto”. La foto, scattata con un videofonino, è quella che ritrae i carabinieri davanti all’obitorio.

Arrivano i genitori di Giuseppe. Le telecamere della Rai puntano l’obiettivo, succede il finimondo. Lo zio del bambino tenta di scaraventare a terra la telecamera, il padre inveisce contro i carabinieri: “Dovevate pensarci prima”. La madre, affranta, corre verso la camera mortuaria, si creano due gruppi di persone: i carabinieri tengono a freno la rabbia del padre, sull’uscio dell’obitorio, mentre lo zio tenta di prendersela col comandante dei carabinieri. Viene messo con le spalle al muro, si placa.

Virgilio Giglio, il proprietario dei cani, è stato arrestato in serata.

In settembre era stato denunciato per lesioni colpose quando le sue bestie avevano azzannato una turista in spiaggia a Sampieri. I cani gli furono affidati in custodia nonostante la polizia municipale avesse chiesto di trasferirli in un canile. E, circostanza dolorosa alla luce dei fatti, proprio domani, lunedì, i veterinari dell’Ausl 7 di Ragusa avrebbero dovuto condurre un sopralluogo nel casolare per verificare le condizioni di igiene e di pericolosità del sito.

Dalle dune della spiaggia spesso e volentieri “i cani di Giglio”, così come erano chiamati e conosciuti a Sampieri e a Marina di Modica, facevano capolino, azzannando o tentando di azzannare quanti passeggiano in spiaggia. L’istinto del branco li porta a individuare una preda debole e a colpirla.

La situazione di pericolo era conosciuta, segnalata. Il bambino faceva un giro in bici, ignaro che su quel sentiero che si diparte da dietro la fornace Penna di Pisciotto per arrivare sugli scogli di Marina avrebbe incontrato la morte.

Il Comune di Scicli aveva fatto quanto di sua competenza. La convenzione con la ditta ragusana che si occupa della cattura dei randagi prevede un “servizio per i randagi”, appunto, in numero di dieci. I “cani di Giglio” non erano randagi. Avevano un padrone, un padrone che era già stato denunciato per le lesioni che i suoi cani avevano procurato.

Non è bastato per evitare il dolore più grande a questa famiglia di Modica Alta, il cui torto è stato di trascorrere la prima domenica dal tepore primaverile nella casa di mare, in quel posto ad altissimo rischio. Vicino a un casolare rustico di una sessantina di metri quadri, senza aperture, in cui i cani vivevano rinchiusi.

Virgilio Giglio, ignaro del fatto che il bambino è morto, nel tardo pomeriggio spiega ai carabinieri: “Ecco, qui ce ne sono undici, poi ci sono i cuccioli, sono ventiquattro”. Mentre i militari fanno i rilievi, sbucano da ogni dove cani di tutte le taglie e le razze meticce. Ringhiano, abbaiano, capiscono di essere in minoranza, stanno alla larga.

Quando i militari gli intimano di seguirli nella loro auto, Giglio ha un momento di rifiuto che diventa violenza. Cerca di scagliare i suoi animali contro i carabinieri. Viene arrestato in flagranza.

A Modica c’è incredulità per ciò che è accaduto, a Scicli, dove la situazione era ben più nota, c’è rabbia. Quei cani andavano abbattuti in settembre, quando avevano mostrato il loro potenziale malefico.

“C’è dovuto scappare il morto”, è il commento di quanti si fermano impietriti davanti alla porta dell’ospedale di Modica. Il morto è un bambino che non aveva i mezzi per difendersi.

Qualcuno grida, si fa prendere dai nervi sull’uscio dell’ospedale di Modica. Grida cose confuse all’indirizzo dei politici. “Questa è Modica, voglio scappare, voglio andare via di qui. Me ne devo andare. Via. Via”.

La rabbia dei familiari del bambino è quella di due città accomunate dal dolore per la tragedia più incredibile che potesse accadere. Eppure, si poteva evitare.

Il sindaco di Modica, Antonello Buscema, ha annunciato il lutto cittadino per il giorno dei funerali di Giuseppe Brafa.