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Maltrattamenti in famiglia: le differenze con altri reati

Fonte: diritto.it

L’ art. 572 cod. pen. («Maltrattamenti contro familiari e conviventi») è inserito all’interno del Libro secondo, Titolo XI, sezione IV, titolata «Dei delitti contro la famiglia». La collocazione, rispetto alla fattispecie di atti persecutori, ne evidenzierebbe già una diversa oggettività giuridica, ossia di salvaguardia del legame
giuridico tra persone appartenenti alla medesima famiglia o comunque ad un vincolo ad essa assimilabile.
Senonché, attraverso la tutela della persona nella piccola comunità consolidata, il legislatore interviene a difesa del decoro, dell’integrità psicofisica, della libertà morale, e quindi dell’autodeterminazione, della vittima del reato. In effetti, la dottrina a tal proposito parla di reato plurioffensivo, o a oggettività plurima, locuzione
che sta ad indicare una norma incriminatrice tesa a proteggere diversi beni giuridici, ritenuti tutti meritevoli di tutela penale.
Sotto il profilo materiale, la norma stigmatizza più condotte vessatorie, commissive od omissive, idonee ad imporre uno stile di vita mortificante ed insostenibile al soggetto passivo (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 30903/2015). Già la dizione normativa di «maltrattamenti» indica la necessità, ai fini della configurazione oggettiva
del reato, di un ripetersi prolungato di una pluralità di atti lesivi, anche se intervallati da condotte prive di tali connotazioni (cfr. Cass. pen., sez. III, n. 14742/2016): questi possono anche integrare gli estremi di altri reati minori, quali percosse, lesioni, minacce e molestie (tutti delitti destinati ad essere assorbiti nel più grave reato di cui all’art. 572 cod. pen., eventualmente aggravato dalla circostanza prevista dal terzo comma della fattispecie), oppure consistere in prevaricazioni ed umiliazioni dalle quali scaturisce uno stato di disagio continuo ed incompatibile con condizioni di esistenza serena. Peraltro, non va dimenticato che nella nozione di «maltrattamenti» cui fa riferimento l’art. 572 c.p. rientrano anche le privazioni imposte alla vittima, tra le quali va ricompresa anche la sostanziale privazione della funzione genitoriale (“… realizzata mediante l’avocazione delle scelte economiche, organizzative ed educative relative ai figli minori e lo svilimento, ai loro occhi, della sua figura morale …” – così Cass. pen., sez. V, n.21133/2019), ovvero reiterati atti di scherno, di disprezzo, di umiliazione e di asservimento idonei comunque a cagionare un durevole stato di sofferenza psichica e morale nella vittima stessa.
Occorre precisare, tuttavia, che pur in presenza di condotte idonee ad infliggere abitualmente vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, ad un’altra persona, il reato di cui all’art. 572 c.p. non risulta integrato “… qualora le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravità e intensità equivalenti …” (così
Cass. pen., sez. VI, n.4935/2019).
Come già abbiamo detto, la caratteristica della reiterazione connota anche la condotta degli atti persecutori; lo stalking, tuttavia, rispetto ai maltrattamenti, presenta una tipizzazione più stringente. Si ricorda che gli elementi costitutivi del reato sono infatti le sole condotte di molestie o di minacce (escludendo dunque tutti gli altri tipi di comportamenti vessatori), che, come ulteriore limite, debbono causare alternativamente, un perdurante e grave stato di ansia e di paura o un fondato timore per la propria incolumità o quella di un prossimo congiunto. Per converso, l’evento, nel delitto di maltrattamenti, si esaurisce nel compimento degli atti prevaricatori, senza che sia necessario il realizzarsi di una particolare condizione psicologica nella vittima, pur essendo sicuramente quest’ultima, proprio in considerazione dell’inserimento della stessa nelle piccole comunità previste dall’articolo, sottoposta ad uno stato di soggezione e di inferiorità. Dal punto di vista soggettivo entrambe le fattispecie sono integrate dal dolo unitario, ossia nella volontà e nella consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, di porre in essere un comportamento oppressivo reiterato nel tempo Soprattutto, le differenze tra i due reati si apprezzano dal punto di vista del soggetto attivo: invero, il delitto di cui all’art. 572 cod. pen. è un reato proprio: ad onta dell’aggettivo indefinito ‘chiunque’, con cui si apre la norma, la fattispecie in esame (tranne in caso di condotta tenuta nei confronti di un minore di anni quattordici), punisce esclusivamente i soggetti legati alla vittima da rapporti familiari (si rileva che la giurisprudenza è orientata a intendere il concetto di famiglia in senso ampio – c.d. famiglia di fatto; vedi anche interventi del legislatore in materia di unioni civili), di convivenza, o che si sviluppano in un contesti nei quali si realizzano affidamenti di natura precettiva o di accudimento. Non si configura dunque il delitto di maltrattamenti in famiglia quando tra il soggetto attivo e la vittima sussista un legame esclusivamente sentimentale, di carattere non continuativo (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 32156/2015). Tuttavia, tale distinzione assume caratteri meno nitidi quando la condotta degli atti persecutori è aggravata ai sensi del secondo comma dell’art. 612-bis cod. pen., ossia quando il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, oltre che da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. Ebbene, le prime due ipotesi hanno creato non pochi problemi interpretativi. Sul punto, la giurisprudenza ha avuto modo di statuire che è configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare, o a questa assimilata, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo, o comunque dalla sua attualità temporale. Con la precisazione che ciò può valere in caso di divorzio, ravvisandosi viceversa il reato di maltrattamenti in caso di condotta posta in essere in presenza di una separazione legale o di fatto che non vale a porre nel nulla i doveri di rispetto reciproco, assistenza
morale e materiale, e di solidarietà nascenti dal rapporto coniugale (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 10932/2017).

Le sanzioni e gli aspetti procedurali

Dal punto di vista sanzionatorio, l’art. 572 cod. pen., ha visto un inasprimento delle proprie sanzioni ad opera del c.d. Codice Rosso: la pena base prevista dal primo comma varia dai 3 ai 7 anni di reclusione (cornice edittale, dunque, più ‘alta’ rispetto a quella prevista per il delitto di stalking – cfr. supra §-6). È stata poi aggiunta una circostanza aggravante ad effetto speciale nel caso in cui il fatto sia commesso in presenza
o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, ovvero se il fatto è commesso con armi. Inoltre, il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti si considera persona
offesa dal reato. Per quanto riguarda l’ambito procedurale, le novità introdotte dal Codice Rosso per gli atti persecutori – e quindi lo sprint previsto per l’avvio del procedimento penale, le comunicazioni immediate della polizia giudiziaria al pubblico ministero, e l’interpello di quest’ultimo nei confronti della persona offesa o del denunciante, oltre ai numerosi doveri di comunicazioni previsti per la persona offesa – sono applicabili anche al delitto di maltrattamenti in famiglia.
Infine, tra le numerose novità introdotte dal Codice Rosso va fatto cenno, in questa sede, alla modifica apportata all’art. 282-ter cod. proc. pen.: si tratta della misura cautelare applicata dal giudice col provvedimento restrittivo che dispone il divieto di avvicinamento a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa (cfr. supra §-5). Nella pratica il campo di applicazione elitario di tale misura è proprio dato dalle condotte persecutive e di maltrattamenti contemplate dall’art. 572 cod. pen. Ebbene, il legislatore ha introdotto oggi la possibilità per il giudice di disporre ‘l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275-bis’ cod.
proc. pen.: ciò vuol dire che all’organo giudiziario è data la possibilità di garantirne il rispetto delle prescrizioni
cautelari anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici,
quali ad esempio il c.d. ‘braccialetto elettronico’.

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