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Tentati omicidi, droga ed estorsioni, blitz nella notte: 23 arresti

Fonte: corrieresalentino.it

MELISSANO (Lecce) – Sgominata, nella notte, una presunta associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti attiva nel basso Salento in particolare nella zona di Melissano. I carabinieri del Comando provinciale di Lecce hanno eseguito 23 provvedimenti cautelari emessi dal gip del Tribunale di Lecce su richiesta della locale Dda di cui 8 in carcere e 15 ai domiciliari nei confronti di altrettanti soggetti indagati, a vario tiolo, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, concorso in duplice tentato omicidio, porte e detenzione abusiva di armi, detenzione e spaccio di stupefacenti, estorsione e tentata estorsione.

L’indagine, ribattezzata “La Svolta 2.0” e condotta dai militari del Nucleo investigativo di Lecce del Reparto operativo del Comando provinciale insieme ai colleghi della Compagnia di Casarano, è stata avviata nel marzo del 2018 e rappresenta l’epilogo dell’attività investigativa che, nel luglio sempre di due anni fa, portò i carabinieri ad eseguire dieci fermi nei confronti di dieci indagati per l’omicidio di Francesco Fasano avvenuto alla periferia di Melissano. Alcuni nomi, infatti, sono sempre gli stessi. L’attività, rifinita con gli arresti odierni, ha consentito di delineare due agguerriti gruppi criminali legati ad elementi di spicco della Sacra corona unita egemoni in numerosi comuni dell’area casaranese nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti che, nella contesa per la spartizione dei territori di interesse, hanno messo a segno due omicidi ed un duplice tentato omicidio.

I NOMI

L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata disposta per Rocco Bevilacqua, 30enne, di Melissano; Salvatore Caputo, 43, di Melissano; Ferdinando Librando, 54, di Melissano; Luciano Manni, 58, di Melissano, già detenuto nel carcere di Brindisi; Maicol Andrea Manni, 29, di Melissano, detenuto nel carcere di Taranto nell’ambito della precedente operazione; Angelo Rizzo, 25, di Melissano, detenuto nel carcere di Lecce proprio perché ritenuto uno dei presunti autori del delitto del giovane Fasano; Paolo Stefanelli, 39, di Ugento.

Ai domiciliari finiscono: Diego Antonio Caputo, 25 anni, di Melissano; Paola Caputo, 38 anni, di Melissano; Fabio Antonio Causo, 43, di Melissano; Matteo Cazzato, 29, di Melissano; Rosario Cazzato, 59, di Melissano; Stefano Ciurlia, 42, di Melissano; Natasha Micaletto, 38, di Melissano; Giuliano Pizzi, 60, di Melissano; Gianluca Pizzolante, 45, di Ugento; Ottavio Salvatore Scorrano, 35, di Alliste; Caterina Spennato, 38, di Melissano; Beniamino Stamerra, 36, di Melissano; Luca Tarantino, 38, di Ugento; Vito Paolo Vacca, 25enne, di Racale e Tommasa Isabella Venosa, 40, di Melissano.

Risultano indagati a piede libero: A.B., 62 anni, di Melissano; P.B., 34 anni, di Melissano; M.G., 24, di Racale; B.M., 52, di Melissano; L.P., 39, di Melissano; L.R., 38, di Melissano; D.M., 41, di Melissano; G.V., 50 anni, residente in provincia di Asti.

Arrestati ed indagati rispondono, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, concorso in duplice tentato omicidio, porto e detenzione abusiva di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e tentata estorsione.

Il blitz odierno è l’epilogo dell’attività investigativa che, il 26 luglio 2018, portò i carabinieri ad eseguire dieci fermi nei confronti di dieci degli odierni indagati, in seguito all’omicidio del giovane Francesco Luigi Fasano.

L’operazione costituisce lo sviluppo di una complessa, intensa e tempestiva attività di indagine dalla straordinaria importanza tesa a individuare e tracciare esattamente l’organigramma associativo dei sodali di questa organizzazione, operante nella città di Melissano e comuni limitrofi, per poi disarticolarla definitivamente.

I FATTI

La genesi dell’indagine è da individuarsi nei due episodi di sangue che hanno interessato la cittadina di Melissano con l’omicidio di Manuele Cesari (di fatto deceduto, dopo la sua gambizzazione, in data 27.03.2018 dopo una degenza in ospedale durata 6 giorni) e con l’efferato omicidio di Fasano (24 luglio 2018), segnali della frattura interna al clan capeggiato dai gemelli Antonio e Ferdinando Librando, maturata nell’ambito della spartizione per il controllo del traffico illecito degli stupefacenti sul territorio di riferimento e che ne costituiva il suo “core business”.

Le risultanze investigative hanno evidenziato la scissione della compagine melissanese, fino ad allora ancorata da Cesari che, in seguito alla sua morte, con il tempo ed i contrasti tra i sodali, ha portato alla creazione di due fazioni/gruppi persistenti con conseguente riorganizzazione di due consorterie criminali. Da una parte il gruppo “Barbetta”(costituito da Luciani Manni e dai figli Daniele e Maicol Andrea) e dall’altra quello di Pietro Bevilacqua e Biagio Manni,legate comunque all’egemone famiglia Librando.

L’attività tecnico-investigativa ha consentito di documentare l’attualità e l’estrema operatività del clan al cui vertice si pone Antonio Librando, già condannato per associazione per delinquere di tipo mafioso, promotore di un sodalizio criminale operante su Melissano, il quale si è avvalso di Luciano Manni (già condannato per associazione per delinquere di tipo mafioso) nonché di Daniele Manni, Maicol Andrea Manni, Angelo Rizzo, Gianni Vantaggiato (condannato per associazione per delinquere di tipo mafioso ed omicidio), Luca Piscopello e Luca Rimo, contrapposto alla scissa consorteria criminale, in via di formazione, promossa da Biagio Manni (condannato per omicidio) con associati Pietro Bevilacqua e il deceduto Francesco Luigi Fasano.

L’associazione in questione è stata particolarmente attenta negli atteggiamenti e nei linguaggi, nonché negli spostamenti e nelle tecniche di avvicinamento e comunicazione da utilizzare quando entravano in contatto tra loro, denotando una elevata caratura criminale anche dal punto di vista organizzativo.

Nel corso delle conversazioni telefoniche, mediante una fitta rete di telefoni dedicati ed ambientali è emersa, infatti, un accurato studio anche per l’individuazione dei luoghi in cui effettuare gli incontri, atteso lo status giuridico di taluni degli indagati sottoposti alla misura di sicurezza della libertà vigilata.

Conversazioni telefoniche in cui gli interlocutori utilizzavano un linguaggio criptico, finalizzato a mantenere riservata la loro identità e quella degli altri sodali, attribuendosi ognuno, nelle stesse, un nome in codice.

LE LOTTE INTESTINE

L’acuirsi delle diatribe intestine in seno ai due gruppi dell’associazione hanno portato ad una guerra in cui le vittime designate erano, in maniera indistinta, gli appartenenti all’una o all’altra fazione. Ma anche a tensioni e prese di posizione per la conquista di posizioni gerarchiche da rivestire all’interno dell’associazione per il controllo dell’attività di approvvigionamento e distribuzione dello stupefacente e per la spartizione dei relativi compensi spettanti per tale mansione.

Contese che, stando alle indagini, determinarono l’ira tra i due gruppi entrambi disposti ad uccidere tanto che per raggiungere questo scopo hanno posto in essere un sistema di “controllo” basato sul pedinamento dell’appartenente al gruppo rivale con veri e propri servizi di osservazione anche notturna e dove, alla prima favorevole occasione, si sarebbe proceduto alla soppressione dell’avversario, se ce ne fosse stata l’occasione.

In questo clima venutosi a creare, la prima azione omicidiaria avviene in data 19 luglio 2018, quando il gruppo “Barbetta” esplose diversi colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Bevilacqua e Fasano, che scamparono miracolosamente alla morte riuscendo a trovare riparo dietro le lamiere delle proprie autovetture. Il gesto scatenò l’ira di Manni che, unitamente a Bevilacqua, iniziò a pianificare la controffensiva da una località protetta e nota esclusivamente ai sodali di quel gruppo.

In tale contesto maturò l’agguato mortale ai danni di Fasano, divenuto vittima designata poiché facente parte del gruppo antagonista operante in quel comune salentino.

È stato dimostrato, inoltre, come alcuni degli indagati fossero in possesso di armi da fuoco ed avessero piena conoscenza delle modalità con cui procurale nel mercato clandestino.

Dopo l’esecuzione dei dieci fermi nel luglio del 2018, l’indagine è proseguita proprio nella convinzione degli investigatori dell’Arma e della procura antimafia di Lecce che fosse necessario fermare ed azzerare i vertici dei due gruppi operanti su Melissano e territori limitrofi, per scongiurare il pericolo di ulteriori atti ritorsivi.

Le intercettazioni sono così proseguite sia in carcere, per i soggetti colpiti da fermo, sia a carico di ulteriori sodali e persone connesse che non erano state colpite da quella misura.

Il quadro che si è delineato nei mesi successivi ha consentito di rafforzare gli elementi raccolti sul carattere criminale dell’associazione. Indagine che è stata corroborata anche da riscontri “sul campo”, che hanno consentito ai carabinieri di recuperare le sostanze stupefacenti cedute e arrestare tre degli indagati (Caputo, Gaetani e Cazzato).

Anche in questo caso il “core business” dell’associazione si è rivelato il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti con notevoli introiti economici per i vertici associativi.

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