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La Cassazione sull’elemento soggettivo del reato di omessa dichiarazione e sulla responsabilità dell’amministratore di fatto.

Fonte: giurisprudenzapenale.com

[a cura di Lorenzo Roccatagliata]

Cass. pen., Sez. III, Sent. 26 agosto 2021 (ud. 2 luglio 2021), n. 32241
Presidente Marini, Relatore Scarcella

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione, Sezione terza, si è pronunciata su due aspetti relativi al reato di omessa dichiarazione (art. 5, D. lgs. n. 74/2000): (i.) la possibilità di ascrivere il fatto non solo all’amministratore di diritto ma anche all’amministratore di fatto; (ii.) la portata e la prova dell’elemento soggettivo della fattispecie.

Quanto al primo aspetto, la Corte ha ricordato che il reato de quo è omissivo proprio, giacché può essere posto in essere da colui che, in base alla normativa fiscale di riferimento, sia in concreto tenuto alla presentazione della dichiarazione annuale obbligatoria.

A fronte di ciò, la Corte ha comunque rammentato che, secondo la propria giurisprudenza, è pacificamente ammissibile “la responsabilità per il delitto di cui al D.Igs. n. 74 del 2000, art. 5, anche nei confronti dell’amministratore di fatto”, poiché “il reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA (…) è configurabile nei confronti dell’amministratore di fatto, e l’amministratore di diritto, quale mero prestanome, risponde a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento (art. 40 c.p., comma 2, e art. 2932 c.c.). Infatti, in tema di reati tributari, il prestanome non risponde dei delitti in materia di dichiarazione previsti dal D.Igs. n. 74 del 2000 solo se è privo di qualunque potere o possibilità di ingerenza nella gestione della società”.

Quanto all’elemento soggettivo del reato, “è richiesto il dolo specifico, ovvero la prova della sussistenza, in capo all’autore, del dolo specifico di evasione: la deliberata ed esclusiva intenzione di sottrarsi al pagamento delle imposte”. Sul punto, la Corte ha ricordato che “per constante giurisprudenza di questa Corte la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione, può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezza, da parte del soggetto obbligato, dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta e detto superamento deve formare oggetto di rappresentazione e volizione da parte dell’agente, avendo la soglia natura di elemento costitutivo del reato”.

Più in generale, la Corte ha rilevato che “trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere” e “la prova del dolo specifico di evasione non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo né da una culpa in vigilando sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento anti-doveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale e può costituire oggetto di rappresentazione e volizione anche soltanto nella forma del c.d. dolo eventuale (…)”.