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cronaca

Infiltrazioni mafiose, i politici coinvolti e le carte della Procura

S’insedierà nei prossimi giorni la commissione ministeriale che dovrà valutare se l’attività amministrativa del comune di Manduria sia stata in questi anni influenzata dalla criminalità organizzata e, in tal caso, avviare le procedure per lo scioglimento dell’ente per mafia. I tre ispettori, Maria Luisa Ruocco (vice prefetto di Taranto), Carlo Pagano (vice questore aggiunto della Questura di Taranto) e Maurizio Di Monte (funzionario del provveditorato interregionale per le Opere pubbliche per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata), occuperanno quasi sicuramente l’ufficio della presidenza del Consiglio e da lì partiranno con la loro inchiesta. Il «libro mastro» dal quale attingeranno le prime informazioni, è il faldone di oltre tremila pagine che compongono l’ordinanza di custodia cautelare e le varie informative degli investigatori della direzione distrettuale antimafia di Lecce che all’alba del 4 luglio scorso ha portato all’operazione denominata «Impresa» con l’arresto di 27 persone tra politici, imprenditori e criminali di grosso calibro ritenuti affiliati alla Sacra corona unita. Tra le 27 persone indagate per mafia, ci sono due ex amministratori del comune di Manduria raggiunti da misura cautelare, entrambi con cariche istituzionali di rilievo come l’ex presidente del Consiglio, Nicola Dimonopoli e l’ex assessore Massimiliano Rossano. Ci sono poi altri politici che al momento sono solo sfiorati dall’inchiesta, alcuni attualmente in carica, altri solo candidati non eletti.

Partendo da costoro e dal loro presunto intreccio con elementi della criminalità organizzata che i commissari faranno partire il lavoro attingendo notizie e spunti proprio dalla documentazione fornita dall’antimafia di Lecce. Il «capitolo primo» di questo studio investigativo, sarà un passaggio particolare contenuto nelle motivazioni nelle 592 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale salentino, Cinzia Vergine, che racchiude i termini per decretare lo stato di scioglimento per mafia dell’ente Messapico. «La trattazione del tema delle relazioni esterne – scrive la giudice – consente di sfatare, anche nella presente indagine, l’idea che non è sempre l’appartenente all’associazione mafiosa che si infiltra nella società civile; esiste anche – prosegue l’analisi del gip – un movimento contrario: dalla società civile al sodalizio criminale dove gli appartenenti all’organizzazione criminale vengono cercati e usati» dai politici. Sempre in riferimento ai presunti reati di cui si sarebbero macchiati gli amministratori del comune di Manduria (tralasciando cioè gli addebiti mossi nei confronti dei politici di altre amministrazioni pubbliche come Erchie o Avetrana, anche loro finite nella stessa bufera), esiste un altro rigo dell’analisi del gip che, sempre se provata, suonerebbe come una condanna a morte per le sorti dell’ente Messapico. «Il che risulta sintomatico – osserva il magistrato nella stessa ordinanza – della pretesa del clan che l’amministrazione comunale di Manduria fosse soggiogata agli interessi della consorteria criminale».

Lavoro ne avranno da svolgere anche gli uffici interni del comune che dovranno produrre delibere e atti inerenti le gare di appalto in odore di mafia a partire da quelle per l’affidamento della Fiera Pessima di Manduria, nessuna delle cui edizioni degli ultimi quattro anni è risultata indenne da indagini, alcune concluse, altre ancora in corso.

Nazareno Dinoi

 

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