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Tumori della vescica, urologo brindisino sviluppa terapie alternative

Fonte: senzacolonnenews.it

di Giovanni Membola per il7 Magazine

Per essere un medico completo occorre non fermarsi alla sola cura del paziente, accedendo alle informazioni scientifiche in maniera passiva, ma è necessario anche applicarsi nelle attività sperimentali, aggiornandosi attivamente, confrontandosi e calibrandosi con altri ricercatori. Ne è convinto il dott. Roberto Carando, affermato urologo di origini brindisine operante in Svizzera, dove si occupa tra le tante altre cose, anche di cura e studio dei tumori della vescica.
Nella sua attività medica, il dott. Carando adopera già da tempo l’EMDA (Electromotive Drug Administration), un dispositivo che utilizza la corrente elettrica pulsata per aumentare la penetrazione dei farmaci negli strati più profondi della parete vescicale nei trattamenti dei tumori superficiali, aumentandone la concentrazione così da inibirne la proliferazione. La metodica, infatti, al momento prevede l’utilizzo della sola Mitomicina C, che applicata con la tecnologia dell’EMDA riesce a dare ottimi risultati. L’idea del dott. Carando è quella di estendere ad altri farmaci chemioterapici, già di uso clinico comune con l’instillazione diretta in vescica (diffusione passiva), l’utilizzo della stessa tecnica di somministrazione controllata attraverso il “trasferimento attivo nel bersaglio” delle molecole, “e verificare poi la loro azione protettiva, un po’ come avviene nel noto concetto della ionoforesi – ci spiega per semplificare il concetto e renderlo più chiaro ad essere compreso da tutti – una tecnica che in qualche modo possiamo paragonare alla placcatura d’argento dei braccialetti”. Solo un approfondito studio potrà verificarne i possibili progressi nell’efficacia curativa di questi principi attivi alternativi, un percorso verso un nuovo approccio terapeutico che prevede un primo step in laboratorio, dove saranno effettuati una serie di studi e sperimentazioni su tessuti animali.

“E’ una tecnologia relativamente semplice – afferma il noto urologo – il farmaco viene trasferito direttamente nelle pareti vescicali mediante un apposito catetere e l’utilizzo di elettrodi connessi ad un generatore di corrente, il trattamento dura circa mezz’ora al termine del quale il paziente può tornare subito a casa”. Il programma di ricerca ideato dal dott. Carando prevede l’impiego di altri medicinali veicolati sempre dalla stessa macchina, prodotta in Italia e di basso costo, sino ad oggi mai usati insieme. Per far prima ha pensato ad una raccolta fondi sulla piattaforma web più famosa al mondo, GoFundMe, al fine di raccogliere una parte dei finanziamenti utili ad avviare questa prima fase della sperimentazione. “La somma necessaria per il protocollo di ricerca iniziale è inferiore ai cinquantamila euro, ho inoltre avviato i primi contatti anche con alcune case farmaceutiche e fondazioni, ma i tempi sono talvolta lunghi, intanto ho deciso di partire utilizzando il noto crowdfounding online”. La ricerca di laboratorio, basata su una procedura sperimentale già indicata in alcuni studi pubblicati dal prof. Savino Di Staso, avrà una durata di 5-6 mesi, durante l’intero periodo ci sarà un ricercatore che si dedicherà esclusivamente al progetto sperimentale per la valutazione dei diversi principi attivi, dai tre a sei, da selezionare tra quelli già in uso nella cura “passiva”. Sarà necessario verificare come questi farmaci si prestano ad essere trasportati con la tecnica EMDA e se la loro reale efficacia migliora con questo tipo di trattamento, tenendo sotto controllo gli eventuali effetti collaterali. Si raccoglieranno tutte le informazioni utili dei vari esperimenti e si valuteranno scrupolosamente i dati, affidabili e riproducibili, prima di essere pubblicati ed aprire la ricerca a future prospettive.

Roberto Carando è un urologo generale con uno speciale interesse per l’urologia funzionale, collabora da diversi anni, in qualità di medico aggiunto e accreditato, presso la Clinica S. Chiara di Locarno, la Clinica Luganese Moncucco (Lugano) e la Clinica S. Anna di Sorengo. Ha seguito la carriera professionale del padre Mario, un grande luminare che nel 1962 venne convinto dal senatore Antonio Perrino, all’epoca membro dell’Istituto Superiore di Sanità, a tra¬sferirsi a Brindisi per avviare il nuovo reparto di urologia nell’ospedale “A. Di Summa”, divenuto poi uno dei principali a livello nazionale. Il prof. Carando, che in tanti ancora ricordano con affetto per la sua umanità e professionalità, rimase qui sino alla fine dei suoi giorni rinunciando persino al prestigioso incarico di primario nell’omologo reparto dell’ospedale di Padova: non voleva lasciare ciò che aveva realizzato a Brindisi in quei quindici anni, oltre a non voler interrompere quel profondo e consolidato legame con la città. Allo stesso modo il figlio Roberto conserva con Brindisi un rapporto speciale, sempre vivo: “ho frequentato il Liceo Classico ‘B. Marzolla’ sino al 1988 e con alcuni compagni di scuola non ho mai smesso di sentirmi; torno in città con una certa regolarità, mi tengo costantemente aggiornato su ogni vicenda e continuerò a farlo anche ora che non ho più legami familiari” (la madre, Gaetana Gallone, è venuta a mancare alcuni mesi fa). Dalle sue parole si evince chiaramente il forte sentimento di appartenenza verso il territorio di origine e le tradizioni di questa terra, lo dimostra anche la volontà di restare iscritto, da sempre, al Rotary Club di Brindisi, e quando può partecipa attivamente alle diverse iniziative.

Dal padre ha ereditato anche la grande capacità divulgativa, fatta di rigorosa chiarezza e semplicità di linguaggio senza alcuna ostentazione, e la passione assoluta per la professione medico-chirurgica, ma soprattutto quella straordinaria dimensione morale di medico, qualità che ne hanno fatto uno dei riferimenti per l’urologia funzionale, la chirurgia robotica assistita e il trattamento dei tumori urologici in Svizzera. Nel suo ricco curriculum si denota l’impegno continuativo ed il coinvolgimento attivo in numerose attività di ricerca scientifica, lo documentano anche le numerose e frequenti pubblicazioni internazionali in cui compare come co-autore, così come i tanti articoli pubblicati su riviste scientifiche specializzate.

Nel suo studio medico di Minusio, il dott. Carando accoglie la fiducia dei pazienti che si rivolgono a lui con la speranza di trovare un rimedio ai loro mali, “purtroppo si registra un aumento dei casi di tumore alla vescica – ci spiega – il principale fattore di rischio è il fumo di sigaretta, quindi l’esposizione cronica ai diversi fattori di inquinamento”. È una delle neoplasie urologiche più comuni che colpisce con maggiore frequenza gli uomini tra i 60 e i 70 anni, si può presentare come forma superficiale (limitata allo strato più esterno, l’85 per cento dei casi) o infiltrante (più aggressivo e con un alto rischio di produrre metastasi), i dati nazionali indicano ben ventisettemila casi nel 2017 anche se la sopravvivenza a cinque anni è comunque molto alta (circa l’80 per cento), sebbene sia molto frequente la probabilità di recidiva, cioè della ricomparsa del problema anche a distanza di tempo. In questi casi, come nella cura del carcinoma del tipo superficiale, una elevata efficacia terapeutica si ottiene con instillazioni periodiche del bacillo di Calmette-Guerin (BCG, lo stesso che si usava per vaccinare contro la tubercolosi, non sempre disponibile), oppure con la Mitomicina attraverso la tecnica dell’EMDA. Da tutto ciò si intuisce quanto sia fondamentale la ricerca scientifica per approfondire e consentire di sviluppare terapie innovative per vincere “il male del secolo”. E Roberto Carando è pronto dare un importante e concreto contributo.