la voce a Sud

blog d'informazione online – attualità, cronaca, notizie, cultura, storia, gastronomia, spettacoli, informazioni, aggiornamenti ed eventi dal territorio

cronaca

Omicidio di Giampiero Carvone: ascoltati quattro collaboratori di giustizia

Fonte: brindisireport.it

BRINDISI – Quella che è considerata la testimone chiave non ha potuto partecipare all’udienza, per un difetto di notifica. Sono stati ascoltati, invece, i quattro collaboratori di giustizia. Nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola, a Lecce, si è svolto nella giornata odierna (giovedì 27 settembre) l’incidente probatorio nell’ambito del procedimento riguardante l’omicidio del 19enne Giampiero Carvone, avvenuto la notte del 10 settembre 2019 in via Tevere, al rione Perrino, il cui unico indagato è il 26enne Giuseppe Ferrarese. L’udienza è stata convocata con l’obiettivo di cristallizzare le dichiarazioni già rese dalle persone informate sui fatti. Ascoltati in videoconferenza, Andrea Romano, Annarita Coffa, Angela Coffa e Alessandro Polito, in sostanza, avrebbero confermato quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare a firma del gip del tribunale di Lecce, Giulia Proto, notificata lo scorso 27 giugno a Giuseppe Ferrarese.

Dai verbali dei quattro collaboratori di giustizia emergeva appunto il presunto coinvolgimento del 26enne nell’omicidio. Ma a imprimere una svolta alla inchiesta sono state le dichiarazioni di una ragazza che durante un’udienza del processo su una tentata estorsione nei confronti del padre di Giampiero Carvone, disse che Ferrarese (parte lesa in quel procedimento) le aveva chiesto di fornirgli un falso alibi per la notte dell’omicidio, nel caso in cui le indagini sull’omicidio si fossero focalizzate su di lui. Successivamente la stessa fu ascoltata dalla Squadra mobile, consegnando “agli inquirenti – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – una verità in grado di resistere a qualunque prova di forza, dimostrando grande coraggio e un profondo senso di giustizia”. La giovane, come detto, non ha potuto partecipare all’udienza, per un difetto di notifica. La sua audizione è stata rinviata. 

I fatti

Carvone fu ucciso la notte del 10 settembre 2019, davanti all’ingresso della palazzina in cui risiedeva insieme ai familiari, in via Tevere 19. Un proiettile lo centrò alla testa. Il padre lo soccorse immediatamente, ma il ragazzo, in condizioni disperate, morì qualche ora dopo presso l’ospedale Perrino di Brindisi.  Le indagini sull’omicidio sono state condotte dalla Squadra mobile di Brindisi. Inizialmente gl investigatori individuarono i presunti responsabili di un episodio di tentata estorsione ai danni del papà di Giampiero, avvenuto poche ore prima dell’omicidio, a seguito del furto di un’auto che sarebbe stato commesso dallo stesso Giampiero. Successivamente la polizia risalì anche ai presunti autori di un colpo di fucile esploso in una piazza del rione Perrino dove, seduti su una panchina, si trovavano due ragazzi ritenuti appartenenti allo stesso gruppo di Carvone, per minacciarli di morte dopo aver scoperto l’autore del furto dell’auto.

Il movente

Ma le persone coinvolte in queste vicende, condannate in primo grado con sentenza emessa un anno fa dal tribunale di Brindisi, nulla hanno a che vedere con l’omicidio. Furono le dichiarazioni della testimone chiave e dei collaboratori di giustizia a condurre gli investigatori, coordinati dalla Dda di Lecce, verso Ferrarese, cui è stato contestato anche l’articolo 416 bis del codice penale (associazione mafiosa). Il movente? “Giampiero Carvone – scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – muore a causa di un furto d’auto e del successivo danneggiamento della stessa dovuto ad un sinistro stradale, furto perpetrato in danno di persone ‘sbagliate’; ma muore fondamentalmente per avere fatto l’infame’, avendo riferito ad un uomo di spessore, assai temuto, i nomi dei suoi complici nel furto, tra cui proprio l’’odierno indagato”.

Ferrarese è difeso dagli avvocati Emanuela De Francesco e Cosimo Lodeserto. Presente in aula anche l’avvocato Giuseppe Guastella, in rappresentanza di un indagato, del tutto estraneo all’omicidio, accusato di intralcio alla giustizia.