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La chiesa del Castello Conti Filo della Torre

 

TORRE SANTA SUSANNA- Verso la metà del ‘700, Carlo Filo ereditò dai genitori Aurelio ed Eleonora il feudo di Torre Santa Susanna col relativo castello, mentre suo fratello Massenzio intraprese la carriera ecclesiastica, divenendo poi vescovo di Castellaneta. E fu proprio per tale motivo che uno dei locali del pianterreno del Castello, precedentemente utilizzato come deposito, fu individuato per essere destinato a Cappella padronale. La Cappella, dotata di un matroneo e di uno splendido altare barocco in legno (l’unico nella provincia), e sulla cui facciata si trova incastonato lo stemma di mons. Massenzio Filo, risulta essere stata dedicata successivamente alla Madonna della Saletta, culto che si diffuse tra la popolazione di Torre Santa Susanna soprattutto nei primi anni del ‘900. Una piccola statua della Madonna della Saletta era venerata nella Cappella e ogni anno, il 19 settembre, un rito molto strano consisteva nel cospargere il pavimento attorno la statua e lo stesso altare con delle rose durante la messa. Il culto fu talmente sentito che molte bambine nate in quel periodo furono battezzate con il singolare nome di ’Saletta”, tanto da eguagliare in quantità quelle che venivano chiamate col nome della protettrice. La venerazione verso questa Madonnina cominciò a scemare allorquando i D’Ippolito di Latiano dismisero la Cappella, utilizzandola per altri fini, mentre la statua fu spostata nella chiesa di Santo Stefano, dove da più di sessant’anni giace quasi dimenticata in una piccola nicchia posta accanto all’altare principale.
Nel 2002 il Castello, dopo un lungo periodo di completo abbandono che ha rischiato di trasformarlo in un cumulo di rovine, è stato acquistato dalla famiglia Trinchera che ora si sta adoperando per il completo restauro. La prima determinazione assunta dai nuovi proprietari è stata quella di abbattere una indecorosa scala fatta erigere dai precedenti possessori che obliterava l’antica Cappella, per restituire la stessa al culto dei Torresi (la chiesa del castello fu benedetta l’8 dicembre del 2006 da don Raffaele Giuliano). Ma molti continuano a chiedersi l’origine e il motivo della denominazione Madonna della Saletta, anche perché risulta che sia una delle poche chiese in tutta la nostra Regione con tale intitolazione.
Il nome di Madonna della Saletta è un’alterazione dialettale della più esatta denominazione che è ’Madonna de La Salette”, Vergine apparsa a due pastorelli in una località incastonata nelle Alpi della Francia meridionale il 19 settembre del 1846, ben dodici anni prima, quindi, dell’apparizione a Lourdes della Vergine a Bernadette. La località ove si verificò tale apparizione si trova in prossimità di un piccolo borgo montano che si chiama Corps. A est di questo paese, si apre una vallata in salita che conduce al comune di La Salette-Fallavoux, composto da una dozzina di piccoli villaggi, circondati da montagne che si elevano sino a 1800 metri. La pastorella di 15 anni si chiamava Melanìe Calvat e il giovane pastore di 11 anni aveva il nome di Maximin Giraud. Appartenevano entrambi a famiglie poverissime e non sapevano né leggere né scrivere. La mattina di quel sabato, 19 settembre 1846, Maximin e Melanìe partirono insieme per condurre al pascolo quattro mucche ciascuno, una capretta e un cane. Verso mezzogiorno, i due pastorelli fecero abbeverare gli animali ad una sorgente e quindi consumarono il loro frugale pasto, a base di pane e formaggio. Addormentatisi profondamente, dopo un paio d’ore si svegliarono e, non scorgendo più le bestie, corsero sul colle per cercarle. Trovatele, si tranquillizzarono e cominciarono a scendere il colle, ma fatti alcuni passi, Melanìe fu la prima ad accorgersi all’improvviso di un globo di luce nel luogo della sorgente, dove avevano lasciato i tascapane. La paura si impossessò dei due ragazzi. Melanìe lasciò cadere il suo bastone, mentre Maximin cercò di riprenderlo per potersi difendere. Ma a quel punto i ragazzi si accorsero che all’interno del globo di luce c’era la figura di una donna, che essi chiamarono sempre ’la bella Signora”, seduta su una roccia, coi gomiti poggiati sulle ginocchia ed il viso nascosto tra le mani e la sentirono singhiozzare. La donna si alzò lentamente e disse loro: ’Avvicinatevi, figli miei, non abbiate timore, sono qui per annunciarvi un grande messaggio”. La Signora era vestita come le donne del villaggio: un abito che scendeva fino ai piedi, uno scialle, una cuffia sulla testa, un grembiule annodato attorno ai fianchi. La cuffia, l’orlo dello scialle e i piedi erano ornati da ghirlande di rose. Accanto alle rose dello scialle era visibile una pesante catena, mentre nel petto portava un crocifisso con ai lati un paio di tenaglie e un martello.
La bella Signora comunicò ai due bambini alcuni ’segreti” e alcune premonizioni circa il destino degli uomini e quindi cominciò a muoversi, attraversò il ruscello e senza voltarsi ripeté: ’Andiamo, figli miei, fatelo conoscere a tutto il mio popolo”. Risalì quindi il sentiero sinuoso che portava al colle e si elevò da terra; i due pastorelli La raggiunsero e si accorsero che Lei guardava prima il cielo e poi la terra. A quel punto la bella Signora iniziò a fondersi nella luce e quest’ultima, a sua volta, scomparve.

chiesa castello

Testimoni di un evento così straordinario, Maximin e Melanìe ritornarono a valle, e fu lo stesso Maximin a darne notizia sia al suo padrone che a quello di Melanìe, che lo riferirono subito al parroco, il quale ne parlò nella sua predica domenicale e informò l’arciprete di Corps. Maximin Giraud fu interrogato dal sindaco del paese dopo appena due giorni dall’evento. L’arciprete di Corps, il 4 ottobre, informò dell’accaduto il vescovo di Grenoble. La notizia dell’apparizione si diffuse rapidamente. Il padre di Maximin, che non era credente, si convertì l’8 novembre. Il primo pellegrinaggio ebbe luogo il 24 novembre, guidato dai due bambini veggenti. Il 31 maggio 1847 al pellegrinaggio in cui venne piantata la croce sulla montagna parteciparono 5.000 fedeli. Nell’ottobre del 1846 e nel febbraio del 1847 i due veggenti furono interrogati da due sacerdoti diocesani. Il 16 aprile 1847 vennero ancora interrogati da un giudice di pace di Grenoble. In tale data si registrò la prima guarigione miracolosa a suor Clair-Peirron, ad Avignone. I due bambini vennero interrogati ancora da un altro sacerdote il 29 maggio dello stesso anno e il 22 luglio il vescovo di La Rochelle compì un pellegrinaggio personale a La Salette e interrogò Maximin e Melanìe. Il 15 agosto un’altra guarigione fu dichiarata su Melanìe Gamon, a Corps. Il 19 settembre, primo anniversario dell’apparizione, ebbe luogo un pellegrinaggio di 50.000 fedeli. A luglio di quello stesso anno il vescovo di Grenoble chiese a due eminenti professori del seminario di Grenoble di condurre una indagine dettagliata sull’apparizione e di redigere una relazione completa, che fu conclusa il 15 ottobre del 1847. La relazione fu poi sottoposta ad una commissione di investigazione di sedici esperti che tenne ben otto sessioni, in due delle quali furono presenti anche i due pastorelli che furono lungamente interrogati. Quando la commissione terminò i lavori, approvò la relazione che fu pubblicata il 26 giugno 1848 e inviata al papa Pio IX per la definitiva approvazione della Santa Sede. Il 19 luglio del 1851 l’apparizione fu ufficialmente consacrata con il titolo di ’Nostra Signora de La Salette”.
Dei due pastorelli veggenti, Maximin Giraud ebbe una vita alquanto irrequieta. Dopo l’apparizione de La Salette frequentò la scuola con modesti risultati. Entrò nel seminario per uscirne subito dopo e condusse una vita errabonda, in cerca di se stesso e della sua identità. Fu impiegato in un ospizio, tentò poi di studiare medicina, fu impiegato in una farmacia, si arruolò a Roma nel corpo degli Zuavi pontifici, ritornò in Francia e pieno di debiti e malato gravemente, ad appena quarant’anni morì a Corps il 1° marzo 1875 e fu sepolto nel piccolo camposanto del paese, ma il suo cuore giace nella grande basilica che nel frattempo era sorta sul luogo dell’apparizione, tra le montagne.
Melanìe Calvat, anch’essa segnata da quell’evento straordinario, entrò in una scuola di suore, ma finì per non essere ammessa ai voti. Partì per l’Inghilterra, poi si recò a Marsiglia nel 1863 e dopo qualche giorno trascorso a Corps e a La Salette, accettò l’invito del vescovo di Castellammare di Stabia (Na), partendo dalla Francia il 21 maggio del 1867. Rimase nella città del Golfo di Napoli diciassette anni. A Castellammare di Stabia Melanìe scrisse i suoi segreti nel memoriale ’Visione dei costumi e delle opere alle quali saranno dedicati gli Apostoli degli ultimi tempi” e la Regola per una eventuale congregazione religiosa. Intanto, nel 1875 arcivescovo di Lecce, con la sua approvazione, fece pubblicare per la prima volta ’Il segreto di Melanìe”. Nel 1892, Melanìe lasciò Castellammare di Stabia e, aderendo all’invito del predetto arcivescovo, si trasferì nella città di Galatina (Le), dove rimase per cinque anni in una casa presa in affitto. E a Galatina ricevette la visita di un sacerdote, il futuro santo messinese Annibale Maria Di Francia che la convinse a raggiungerlo a Messina per assumere la direzione della sua Istituzione, le ’Figlie del Divin Zelo del Cuore di Gesù”. Ritornata ancora una volta in Francia, dopo qualche mese trascorso a Moncalieri in Piemonte, si stabilì presso don Combe, parroco di Diou. Quando nei convegni e nelle funzioni veniva invitata a parlare del fatto del 19 settembre 1846, ritrovava la semplicità e la lucidità del suo primo racconto, conforme in maniera costante a quello di Maximin, come quando ritornò l’ultima volta in pellegrinaggio a La Salette il 18 e il 19 settembre del 1902.
Sentendo approssimarsi la fine di quella lunga e tormentata vita, Melanìe scrisse al suo antico confessore, il futuro beato Alfonso Maria Fusco, di trovarle un luogo nel quale non fosse conosciuta, per vivere nel nascondimento gli ultimi suoi giorni. Padre Fusco ne parlò al Rettore del Santuario di Pompei, il domenicano padre Carlo Cecchini che le offrì ospitalità, ma essendo il celebre Santuario di Pompei meta di pellegrinaggi, Melanìe rifiutò, ma quando proprio in quel periodo il Rettore fu nominato vescovo di Altamura (Ba), e quindi la invitò in questa città pugliese, lei accettò, arrivando dalla Francia il 16 giugno del 1904, sconosciuta a tutti. Alloggiò in varie case, anche nel palazzo delle signorine Giannuzzi che forse sapevano qualcosa, uscendo poco, ma recandosi ogni mattina in Cattedrale per assistere alla celebrazione della Messa e ricevere l’Eucaristia, trattenendosi poi a lungo a pregare nella Cappella dell’Addolorata. Colpita da una forte febbre, morì in solitudine nella notte fra il 14 e il 15 dicembre del 1904. La trovarono il giorno dopo, verso le ore 10,00 ancora inginocchiata, in atto di preghiera. Il suo funerale si svolse nella Cattedrale di Altamura, presente tutto il Capitolo, e in quella occasione il vescovo mons. Cecchini rivelò la vera identità della ’Signora Francese” , come veniva chiamata in paese. E ad Altamura è ancora sepolta nella chiesa dell’Immacolata delle suore Figlie del Divino Zelo, dove sulla lapide è scolpita l’immagine della Madonna de La Salette che abbraccia la veggente per portarla in cielo.
Fu proprio tale circostanza che spinse i Filo, originari di Altamura, a far intitolare la Chiesa del loro Castello di Torre Santa Susanna a ’Nostra Signora de La Salette”. Una venerazione così forte da trovare pieno accoglimento negli abitanti del paese! Purtroppo alcune vicende collegate ad un cattivo utilizzo della Chiesa da parte della famiglia che sostituì i Filo nel possesso del Castello, nonché il passare del tempo di quasi tre generazioni hanno fatto in modo che questa storia nel nostro paese venisse quasi del tutto dimenticata. Sarebbe auspicabile, ora che il Castello e la sua Chiesetta sono stati restaurati, che la venerazione nei confronti della Madonna della Saletta ritornasse ai vecchi splendori e che l’Amministrazione di Torre Santa Susanna si adoperasse per chiedere un gemellaggio con il comune francese di La Salette-Fallavoux, organizzando magari, attraverso qualche associazione di volontariato, un pellegrinaggio allo splendido Santuario di ’Nostra Signora de La Salette”.

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