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La “strana” asta per la masseria di Pulsano svenduta al senatore 5Stelle

fonte lavocedimanduria.it

Al di là di tutto, che non è poco, nessuno tanto più un senatore, del M5S, per aggiunta, non avrebbe dovuto mai partecipare all asta contro una famiglia di Taranto dove è stato eletto ( che l ha anche votato) a cui la banca ha pignorato la masseria e che ha trovato la forza per ricomperarla.O no? (Sandra Amurri, autrice dell’articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano)

“Non ho più niente, mi hanno portato via la mia masseria, la mia vita. Mi incatenerò davanti al ministero della Giustizia, non ho più nulla da perdere”. Piange come un bambino, Enzo Papa, 52 anni, nel vedere i sigilli alla Masseria Galeota, che era anche la casa dove abitava con la compagna e la figlia di 16 anni, costruita con il sudore della fronte. Siamo a Leporano, sulla litoranea salentina, a 8 chilometri da Taranto, ai piedi del Parco archeologico di Saturo, tra costoni rocciosi, insediamenti in grotta, sorgenti d’acqua e natura rigogliosa.

Enzo Papa, nel 2002, acquista per 300 mila euro, grazie anche alla buonuscita del padre, quello che era un rudere. Chiede un mutuo di 200 mila euro, erogato da Banca della Nuova Terra, per trasformarlo in una masseria B&B, oleificio, ristorante: costo della ristrutturazione 850 mila euro. L’attività va molto bene, fino a che, per la crisi economica, sommata alla tragedia dell’Ilva con le foto dei camini che spruzzano veleno e fanno il giro del mondo, i turisti iniziano a scarseggiare ed Enzo non ce la fa più a pagare le rate del mutuo. La banca, nel 2012, pignora la masseria: viene messa all’asta. La masseria viene valutata circa un milione di euro. Le prime tre aste vanno deserte, altre annullate per ricorsi vari, fino a quando il prezzo del bene arriva a scendere a 375 mila euro. Nel frattempo, Enzo, per poter continuare a lavorare, chiede – e ottiene dal giudice dell’esecuzione – l’affitto della masseria, per sette mesi versa 12.500 euro.

Il 17 gennaio scorso decide di partecipare, con la società Kanapa srl, all’asta telematica per tentare di “ricomprare” la masseria: versa una “caparra” di 75mila euro (pari al 20% del prezzo minimo d’acquisto), come da procedura, depositando l’offerta al ministero della Giustizia che la invia, per prassi, al sito che gestisce le aste telematiche. Dal ministero, via Pec, arriva la ricevuta della registrazione dell’offerta. Ma quando Tonia Macripò, delegata alla vendita dal Giudice di Taranto, Andrea Paiano, apre l’asta, sul portale risulta una sola offerta: quella di Mario Turco, senatore del M5S, anche se i bonifici sono due (uno di Turco e uno di Kanapa). Dell’offerta di Kanapa non si ha traccia. Il sito “Aste telematiche” invia al delegato una comunicazione via email: l’offerta di Kanapa srl non era stata inviata dal ministero al portale delle aste, perché era stato rinominato il file generato all’atto della registrazione. Il delegato dal Giudice aggiudica quindi la masseria al prezzo d’asta di 375 mila euro a Mario Turco, senza mettere a verbale l’esistenza di un secondo bonifico, quello di Kanapa srl. Il legale di Kanapa srl, Stefania Maselli, deposita istanza di revoca al Tribunale di Taranto, chiedendo di invalidare l’aggiudicazione della masseria e di indire l’asta, in quanto non vi era stata alcuna competizione con i conseguenti rialzi, perché i partecipanti, visti i bonifici, dovevano essere necessariamente due, e dimostrando di non aver violato la legge nell’aver rinominato il file. Ma il senatore Turco si oppone all’istanza di revoca presentata da Kanapa. Il giudice Paiano rigetta l’istanza, motivandola con la presunzione che il bene non è detto sarebbe stato aggiudicato a un prezzo più alto, anche se si fosse svolta l’asta. Kanapa srl deposita, attraverso il suo legale, un reclamo formale al Tribunale di Taranto: l’udienza è fissata per il 26 giugno prossimo.

Nonostante le diverse opposizioni pendenti con istanza di sospensiva, il 3 aprile scorso, il giudice Paiano, firma il decreto di trasferimento in favore del senatore Turco, e il 29 aprile, senza alcuna notifica al signor Papa, immette il bene nel possesso di Mario Turco. Lo stesso giorno, alla masseria Galeota arrivano due carabinieri, il funzionario senza delega dell’Istituto vendite giudiziarie Paolo Annunziato, e Grazia Peluso, mamma del senatore Turco, con il legale del figlio. L’inventario dei beni presenti dura otto ore, con tanto di beneauguranti paste e cappuccino offerti dalla mamma del senatore.

“Lavoro da molti anni anche per il Sunia, il sindacato degli inquilini, faccio tanti sfratti, ma non ho mai visto tanta disumanità. Anche il suo legale avrebbe chiesto all’onorevole Turco di concedere po’ di tempo in più, ma inutilmente”, racconta Alexia Serio, l’avvocato della famiglia Papa presente in loco.

Cambiata la serratura, consegnate le chiavi a un incaricato del senatore Turco, al cancello della masseria Galeota sono stati affissi i sigilli: dentro, chiusi, sono rimasti tutti gli animali allevati dalla famiglia Papa. “Prego che il senatore si muova a pietà”, aggiunge Enzo Papa. “Non so dove andare a vivere. Fra un mese, entro il 28 maggio, verrà tutto distrutto… E nel vedere svanire i sacrifici di una vita, ho creduto di morire… La vigilanza privata che ha istituito il senatore mi ha anche vietato di entrare in casa per prendere un cambio di vestiti, e i libri di scuola di mia figlia. Ho scritto un mese fa ai membri della Commissione Giustizia del Senato, spiegando la mia storia, ma non ho ricevuto risposta”. Nemmeno dal senatore Arnaldo Lomuti (M5S), che il 17 novembre 2018 aveva presentato un’interrogazione in Parlamento proprio sulle aste definite “vili”, con riferimento al meccanismo “consolidato e finalizzato all’espropriare a soggetti falliti ed esecutati”: un meccanismo più volte denunciato, inutilmente.

Sandra Amurri