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Il sacrificio del Carabiniere Cosimo Miccoli

Il 29 gennaio 1987 il carabiniere  Cosimo Miccoli, in servizio al Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di Napoli, affrontò da solo, in abiti civili, tre banditi che stavano rapinando gli esattori del casello autostradale a Pomigliano d’Arco. Nella sparatoria, il militare ventottenne rimase ucciso. Uno dei malviventi, a sua volta ferito, fu catturato. C’era una lunga fila di automobili che attendevano di avvicinarsi al casello. Il carabiniere, che era in macchina con la fidanzata, vedendo i tre rapinatori che puntavano le pistole contro gli esattori, scese dalla vettura e affrontò i tre, intimando loro di alzare le mani. Ma uno dei banditi gli sparò due colpi al petto. Benché ferito, Miccoli rispose al fuoco. Uno dei banditi, colpito, cadde a terra.

I complici fuggirono abbandonandolo. Il carabiniere, soccorso dalla fidanzata e da altri automobilisti, morì durante il trasporto in ospedale.

Questi i fatti in cui quel pomeriggio il Carabiniere Cosimo Miccoli, offrì la sua giovane vita.

Riportaimo qui di seguito la testimonianza di chi ebbe a vivere in prima persona i fatti che portaro alla cattura, all’arresto dei reponsabili di quella rapina, sfociate nel sangue.

“Quel pomeriggio ero in caserma, unitamente al mio comandante; eravamo intenti a sbrigare una mole di corrispondenza, il Comandante alla scrivania ed io a battere i tasti sulla macchina di scrivere. Il nostro lavoro venne  distratto dal piantone che comunicava che c’era stata una rapina al casello autostradale di Pomigliano D’Arco da parte di due-tre persone armate, con direzione di fuga proprio la nostra zona.

In me che non si dica eravamo già fuori, io alla guida di quel pulmino 900 ed il comandante al fianco. Ricordo  che avevo appena imboccato la strada in direzione del casello, quando via radio arrivò la notiza che un carabiniere intervenuto era stato ferito e che uno dei rapinatori colpito ad un fianco era stato trasportato in ospedale a Napoli. Poco dopo la tragica notizia che per il collega vani era stati i soccorsi e che era deceduto durante il trasporto in ospedale.

Gli altri due rapinatori era scappati in sella ad una moto di colore bianca e rossa con carenatura da corsa.

A quella notizia mi venne in mente che proprio la sera prima, alla periferia del paese avevo controllato una moto bianca e rossa con carenatura da corsa. Alla guida avevo identificato un noto personaggio locale, già pregiudicato. Dopo aver rappresentato il tutto al mio superiore, invertivo subito il senso di marcia, dirigendomi verso l’abitazione del sospettato.

Arrivamo a casa, contattamo subito la madre che alla vista dei Carabinieri, non si scompose, era abituata alle nostre visite con un marito in “collegio” ed un figlio che non riusciva a raddrizzare. Poche parole furono scambiate per sapere che il figlio era uscito con la moto alcune ore prima e non da solo. La conferma che eravamo sulla buona strada e che avevamo fatto “bingo” fu allorquando la donna riferì con chi il figlio si era allontanato: proprio con la persona attinta dal Carabiniere che si trovava ricoverata in ospedale.

Da qui partirono tutte le indagini e le ricerche protrattesi per tutta la notte ed il giorno dopo, che portarono poi alla cattura ed all’arresto di tutti e tre i rapinatori.

Ricordo bene le parole e le raccomandazioni che ci vennero date, prima dell’operazione che si svolse all’alba.  Dovevamo stare tranquilli, dovevamo mantenere la calma; eravamo pronti a tutto, pur di assicurare alla giustizia gli autori della morte di un nostro collega.

Quando tutto fu finito e gli autori del fatto furono tratti in arresto, rimaneva in ogniuno di noi solo rabbia e niente altro.

A distanza di mesi ricevemmo anche la visita in sede del Comandante Generale dell’Arma, che distribuì encomi e gratifiche.

A me nulla importò che non venni nemmeno interpellato, avevo fatto il mio dovere ed ero orgoglioso di aver contribuito all’arresto di tre pregiudicati autori della morte del

Carabiniere Cosimo Miccoli, a cui venne poi concessa la medaglia d’oro  alla memoria con la seguente motivazione:

«A diporto in abiti borghesi in compagnia della giovane fidanzata, con altissimo senso del dovere e cosciente sprezzo del pericolo, affrontava tre banditi nell’atto di consumare una rapina ai danni di esattori di casello autostradale. Fatto segno a proditoria azione di fuoco, sebbene mortalmente ferito, reagiva con l’arma in dotazione riuscendo a colpire uno dei malviventi, consentendo così la loro immediata identificazione nonché il sequestro delle armi e del motociclo impegnati nell’azione delittuosa

Pomigliano d’Arco ( Napoli ), 29 gennaio 1987.