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Puglia unica regione a non usare i fondi Ue per lo sviluppo rurale: persi 142 milioni

Fonte: ilsole24ore

Gli agricoltori pugliesi dovranno rinunciare a oltre 142 milioni di contributi pubblici garantiti dal piano di sviluppo rurale 2014-2020 della Regione. Lo scorso 31 dicembre è scaduto infatti il termine di spesa assegnato dalle regole europee per i fondi stanziati tre anni fa che l’amministrazione regionale non è stata in grado di erogare nei tempi previsti. Complici i ritardi nella programmazione, le difficoltà burocratiche ma anche, non da ultimo, la difficoltà delle imprese a programmare gli investimenti necessari per ottenere il cofinaziamento garantito dalle misure previste dal programma. Così è scattato il disimpegno automatico di 86 milioni di fondi europei ai quali si aggiunge il cofinanziamento nazionale obbligatorio per un totale di 142,3 milioni.

Le altre regioni a rischio sono riuscite tutte, seppur sul filo di lana, a centrare gli obiettivi di spesa, con un’accelerazione sul tabellino di marcia che ha visto impegnati fino all’ultimo giorno utile anche i tecnici del ministero delle Politiche agricole.

A rischio, ancora a dicembre, c’erano 435 milioni di contributi pubblici. Oltre alla Puglia in bilico c’erano Sicilia (75 milioni certificati in un mese), Basilicata (40 milioni), Abruzzo (35), Campania (30), Liguria (27) e Marche (6), mentre le altre regioni avevano già raggiunto in anticipo i propri obiettivi di spesa. Solo quattro sono i programmi virtuosi, già oltre il 50% di spesa: Bolzano, Veneto, Trento e Calabria. Da segnalare anche un paradosso: proprio la Puglia (storico coordinatore della commissione politiche agricole in Conferenza Stato-Regioni) si è piazzata tra le amministrazioni con le migliori performance nell’utilizzo degli altri fondi strutturali europei. Che in generale vanno peggio dell’agricoltura, con una spesa inferiore al 30% contro oltre il 43% del Feasr.

La pesante penalità a carico degli agricoltori pugliesi, che arriva in un momento di crisi del settore dove difficilmente imprese di piccole dimensioni investono senza la partecipazione dei fondi europei, rilancia il tema della necessità di un piano unico nazionale per lo sviluppo rurale.

Più volte proposto dal ministero e bocciato dalle regioni, gelose delle proprie competenze in materia di gestione dei contributi europei, il piano potrebbe funzionare come semplice camera di compensazione per consentire travasi di risorse tra regioni più o meno virtuose. Per restare all’esempio di quest’anno, invece di restituire i soldi a Bruxelles, questi sarebbero stati dirottati verso altri piani con migliori performance di spesa, restando così, comunque, agli agricoltori italiani.