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cose di giustizia

Procura nulla o inesistente: il giudice deve consentirne la sanatoria

Fonte: altalex.com

La riforma dell’art. 182 c.p.c. intervenuta nel 2009 è ispirata ad una visione meno formalistica del processo civile. La possibilità concessa alla parte di sanare qualunque vizio attinente alla procura – ivi inclusa la sua totale mancanza – risponde ad esigenze di economia processuale connesse al proliferare di giudizi a seguito delle dichiarazioni di nullità e/o di inesistenza della stessa.

La sentenza 29 ottobre 2020, n. 23958 (testo in calce) della Corte di Cassazione, sezione II civile, prende le mosse da un ricorso per cassazione depositato dalla parte privata in una controversia contro il Comune di Firenze relativa ad una violazione del Codice della Strada. Oggetto della censura del ricorrente è la sentenza di appello del Tribunale fiorentino, la n. 1799/2017, con cui veniva accolta l’eccezione di controparte circa l’inammissibilità dell’appello per inesistenza della procura, in quanto non conforme ai requisiti dell’art. 83 c.p.c. (per l’indeterminatezza del suo oggetto, riportando l’autentica della firma del mandante in una lingua diversa dall’italiano e perché, oltretutto, depositata in semplice copia fotostatica) e ritenendo non potersi dare luogo alla regolarizzazione ex art. 182 c.p.c.

Ebbene, la S.C. osserva da subito che il Tribunale fiorentino ha ritenuto erroneamente inesistente la procura conferita per la proposizione dell’appello, in quanto considerata del tutto generica e non essendo in essa indicati né l’oggetto né alcun altro idoneo riferimento – al di là della sola menzione della parti – alla specifica causa.

Reputa il collegio che le indicate mancanze avrebbero, al massimo, configurato un vizio di nullità, tale da essere regolarizzabile ai sensi dell’art. 182 c.p.c. Non poteva invece trattarsi di inesistenza della procura, per quanto – stando alla giurisprudenza più recente della Corte (cfr. Cass. 10885/2018) – risulti legittimo estendere la sanatoria anche alle ipotesi di inesistenza degli atti processuali richiamati dall’art. 46, comma 2, della L. n. 69/2009, che ha modificato il comma 2 dell’art. 182 c.p.c. (il secondo comma dell’articolo 182 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: “Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione”).

Dall’interpretazione letterale del novellato art. 182 si evince “la previsione della sanatoria dei vizi della procura, attraverso l’assegnazione di un termine da parte del giudice, anche quando la procura sia del tutto mancante, consentendone il suo successivo conferimento”. A giustificazione di tale interpretazione si osserva che “in caso contrario non avrebbe una logica spiegazione il richiamo testuale riferito all’assegnazione del termine per il “rilascio della procura o per la rinnovazione della stessa””.

Con la novella del 2009 il legislatore ha dato la stura ad una visione meno formalistica del processo, ammettendo la sanatoria di qualsiasi vizio della procura. Ed in effetti, “la disposizione normativa, evitando una pronuncia in rito, risponde (…) ad esigenze di economia processuale connesse al proliferare di giudizi a seguito della dichiarazione di nullità della procura”.

Il giudice non ha facoltà; deve, è tenuto ad assegnare alla parte un termine per la regolarizzazione della procura, a fronte di qualsiasi vizio della stessa, foss’anche la sua totale mancanza. Non assume dunque rilievo alcuno la distinzione tra nullità ed inesistenza della procura, su cui si è soffermato il giudice d’appello”. Tutto questo anche se, nella fattispecie, la procura non difettava dei requisiti minimi, tanto da dover dubitare della sua esistenza giuridica, trattandosi al massimo di un vizio di nullità. Né è da porre in dubbio che il meccanismo sanante discendente dalla regolarizzazione ex art. 182, comma 2, c.p.c., non operi anche nel giudizio di appello, avendo chiaramente la disposizione una portata generale (cfr. Cass. n. 6041/2018).

Conclude così la Suprema Corte per la cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa al Tribunale monocratico di Firenze, in persona di altro magistrato, che si conformerà al seguente principio di diritto, regolando altresì le spese del presente giudizio:

“L’art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione introdotta dall’art. 46, comma 2, della Legge n. 69 del 2009 (da ritenersi applicabile anche nel giudizio di appello), secondo cui il giudice che accerti un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione è tenuto a consentirne la sanatoria, assegnando un termine alla parte che non vi abbia provveduto di sua iniziativa, con effetti ‘ex tunc’, senza il limite delle preclusioni derivanti dalle decadenze processuali, trova applicazione anche qualora la procura manchi del tutto oltre che quando essa sia inficiata da un vizio che ne determini la nullità, restando, perciò, al riguardo irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa”.

CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N. 23958/2020 >> SCARICA IL TESTO PDF