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Esposto offensivo contro avvocato: è diffamazione?

Esclusa la diffamazione di cui all’articolo 595 c.p. per l’esposto offensivo che sollecita un intervento disciplinare.

La destinazione funzionale dell’esposto all’attivazione dei poteri di controllo e di disciplina impone la valutazione della possibile sussistenza dell’esimente del diritto di critica (Cass. Pen., sentenza 11 marzo 2021, n. 9803 – testo in calce).

Il fatto

La pronuncia che si annota scaturisce dall’impugnazione, in sede di legittimità, della sentenza con cui il Giudice di pace di Padova condannava il ricorrente per il reato di diffamazione in danno di un Avvocato: in particolare, per avere a quest’ultimo attribuito, in un esposto diretto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, condotte deontologicamente scorrette, accusandolo di aver fornito informazioni errate, di aver svolto il mandato difensivo in conflitto d’interesse, di avergli fatto firmare un contratto senza leggerlo e spiegarlo, di non aver emesso fattura per l’anticipo del compenso professionale corrisposto.

Il ricorso censurava l’omessa motivazione rispetto alle deduzioni difensive con cui era stata invocata l’esimente del legittimo esercizio del diritto di critica, anche nella forma putativa: ciò, in quanto, a fronte dell’allegazione puntuale di fatti specifici per ciascuna espressione ritenuta diffamatoria, il Giudice di pace aveva conferito rilievo alla mera archiviazione dell’esposto, oggetto di contestazione, considerandolo prova della falsità degli addebiti mossi al professionista ed eludendo i singoli temi introdotti dalla difesa del ricorrente.

Il Procuratore generale aveva chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza.

Esposto e possibilità di diffamazione

La vicenda sulla quale si è pronunciata la Corte appare di estremo interesse in quanto affronta il problema, non infrequente, della possibilità che venga integrato il reato di diffamazione, nel caso di esposto alle competenti autorità per sollecitarne l’esercizio dei poteri di verifica e irrogazione di sanzioni.

Tale possibilità, qualora nello scritto siano contenute espressioni offensive, è direttamente collegata al carattere divulgativo dello stesso, in quanto propulsivo di un determinato procedimento e, quindi, destinato ad essere conosciuto da coloro che vi prenderanno parte con poteri istruttori e o decisori.

Senonchè la destinazione funzionale dell’esposto all’attivazione dei poteri di accertamento e disciplinari impone la necessaria valutazione della possibile sussistenza della causa di giustificazione di cui all’articolo 51 c.p.

Ed invero ricorre l’esimente del diritto di critica:

  • quando i fatti esposti siano veri o, quanto meno, l’accusatore sia convinto della loro veridicità: ciò, perchè il denunciante, per mezzo della segnalazione, esercita una legittima tutela dei suoi interessi.
  • la forma espositiva sia non ingiustificatamente sovrabbondante rispetto alle censure espresse bensì proporzionata e funzionale alla prospettazione di una violazione;
  • i toni utilizzati dall’agente, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, pertinenti al tema in discussione ed alla sede dell’esternazione, che tollera limiti più ampi alla tutela della reputazione.

In presenza di tali condizioni, l’esercizio del diritto di critica, costituzionalmente tutelato dall’articolo 21 Cost. deve ritenersi prevalente rispetto al bene della dignità personale, pure tutelato dalla Costituzione agli articoli 2 e 3, poichè senza la libertà di espressione e di critica, la dialettica democratica non potrebbe realizzarsi.

La sentenza

La Corte ha ritenuto il ricorso meritevole di accoglimento ravvisando il difetto di motivazione censurato.

Mentre infatti la difesa aveva argomentato riguardo la veridicità dei fatti addebitati alla persona offesa, il Giudice di pace aveva reputato l’infondatezza delle accuse rivolte a quest’ultima solo sulla scorta degli esiti del procedimento disciplinare, senza tener conto delle specifiche circostanze addotte a sostegno della veridicità dei fatti denunciati e senza svolgere alcun accertamento in termini di putatività, ovvero di ragionevole e giustificabile convinzione della veridicità degli stessi fatti, sia pure in difetto della loro certezza processuale.

Il giudice non aveva poi neanche specificato quali espressioni fossero state ritenute non continenti e non aveva fatto buon governo del principio secondo cui il requisito della continenza non può ritenersi superato per il solo fatto dell’utilizzo di termini che, pur avendo accezioni offensive, hanno però anche significati di mero giudizio critico negativo, di cui deve tenersi conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato, del profilo soggettivo del dichiarante e della sua capacità espressiva in riferimento al livello culturale e sociale.

Nella delineata prospettiva, le espressioni utilizzate debbono essere valutate nella loro complessiva portata significativa, non esorbitando dai limiti della critica consentiti “quando le stesse abbiano una accezione compatibile con il requisito della continenza e siano funzionali alla formulazione di censure pertinenti con il tema devoluto”.

Con riferimento agli indicati profili la Corte ha pertanto annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice di pace di Padova.

CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N. 9803/2021 >> SCARICA IL PDF