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EMILIO MOLA RACCONTA LA SUA VICENDA GIUDIZIARIA

Ho dovuto affrontare due processi penali per questa inchiesta giornalistica che condussi nel 2012. Alcuni giornali, in maniera piuttosto “irrituale”, scrissero diversi articoli su queste querele che mi ero beccato. Ma non per prendere le mie parti. E poco tempo dopo ignoti diedero alle fiamme un ufficio della Cittadella nel quale erano custoditi i documenti di cui mi ero occupato. 

Oggi, a distanza di 5 anni, mi è stato comunicato che dopo il proscioglimento per uno di quei due procedimenti, è arrivata anche l’assoluzione (da Bari) per l’altro. Bello, ma resta l’amaro in bocca per questi anni vissuti con l’angoscia di queste spade di Damocle che pendono sulla tua testa.

Sai di aver scritto la verità, di aver fatto bene il tuo lavoro, però loro intanto ti querelano. Poi i giudici ti daranno ragione, un domani, come mi è sempre, sistematicamente successo. Ma loro intanto ti querelano. Quella della querela contro i giornalisti in Italia è un’arma di cui si abusa. Serve a far credere sul momento che il giornalista ha scritto cazzate.

Tanto, quando fra chissà quanti anni sarà assolto, tutti se ne saranno dimenticati. E pace. Ma magari no.
Un grazie ai legali che mi hanno assistito nelle varie fasi Massimo Manfreda e Raffaele Missere.

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