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cronaca

Le torture di Antonio durate quindici anni

fonte lavocedimanduria.it

Tutto questo avveniva quando tutti gli indagati di oggi, accusati delle sue torture «moderne», erano appena nati mentre i maggiorenni di allora…

Quindici anni fa «il pazzo del villaggio» era già perseguitato dal branco. Le pene di Antonio Cosimo Stano che la procura della Repubblica di Taranto ha inquadrato nel loro giusto nome di «torture», duravano da anni, tanti, quindici almeno. Risale al 2004, infatti, la prima denuncia che il dipendente ancora in servizio dell’Arsenale militare di Taranto – già allora vittima del bullismo e dell’abbandono -, presentò alle forze dell’ordine. Che indagarono evidentemente senza molti risultati se è vero come è vero che quelle «torture», inizialmente fatte di insulti e offese («andiamo da Tonino il pazzo del villaggio» era la parola d’ordine tra i ragazzini del quartiere), sono diventati negli anni vere e proprie aggressioni con incursioni notturne in casa del «pazzo». L’epilogo che sappiamo oggi non si immaginava nel lontano 2004 quando l’allora cinquantunenne residente in via San Gregorio Magno a Manduria si presentò alla caserma dei carabinieri del suo paese cercando protezione e giustizia. Quella sua vecchia denuncia è finita nell’inchiesta delle due procure joniche, l’ordinaria e dei minorenni, che vede come indagati quattordici ragazzi, otto finiti in carcere, solo due appena maggiorenni. Leggere la denuncia oggi, col senno di poi, fa ancora più male di quelle urla inascoltate nella notte quando «il pazzo» accerchiato dal branco gridava per quella protezione che non ha avuto.

«Spesso mentre sono nella mia abitazione succede che dei minorenni tirino pietre e danno calci alla porta della mia abitazione e quando esco mi prendono a sputi e mi insultano», raccontò l’impiegato della Marina civile il primo giugno di quindici anni fa al carabiniere che verbalizzò tutto. Oltre alle offese e ai danni subiti, Stano arricchì la sua denuncia con altri particolari che fanno emergere inquietanti attualità. Oltre ai minorenni, tra gli autori di quegli sprezzanti insulti, c’erano anche degli adulti, comunque maggiorenni perché, disse Stano, «vengono con i motorini ed anche con le macchine e scappano via».

Tutto questo avveniva quando tutti gli indagati di oggi, accusati delle sue torture «moderne», erano appena nati mentre i maggiorenni di allora, quelli che secondo il suo racconto arrivavano in macchina, avranno ora trentacinque anni magari sposati e con figli piccoli. Chissà forse proprio l’adulto con la Uno bianca la cui presenza nel branco degli «orfanelli» (così si facevano chiamare nel gruppo social dove facevano girare i video delle violenze), è stata ancora una volta raccontata da Stano in una delle sue ultime denunce prima di morire.

Intanto oggi a Taranto è prevista l’udienza del Tribunale del Riesame che deciderà sulle richieste di misure alternative al carcere, se non la liberazione, dei due maggiorenni indagati, Gregorio Lamusta di 19 anni e Antonio Spadavecchia di 23 anni, rispettivamente difesi dagli avvocati Franz Pesare e Armando Pasanisi e Gaetano Vitale con Lorenzo Bullo tutti del foro di Taranto. Stessa richiesta è stata già presentata dai difensori dei sei minorenni rinchiusi nel carcere minorile di Bari. Ad occuparsi di loro saranno gli avvocati Davide Parlatano, Antonio Liagi, Cosimo Micera, Nicola Marseglia e Pier Giovanni Lupo.