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salute

TORRE: DAL DOTT. GIUSEPPE EPIFANI RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Da professione ricca di sodisfazioni e successi terapeutici a stato di ansia e di paura.

In ospedale non si è più solo medici ma soldati contro un nemico tanto pericoloso quanto invisibile.

Prima di iniziare il turno si indossa l’equipaggiamneto protettivo, più o meno complesso in relazione alla tipologia di pazienti da assistere. E’ incredibile come in poche settimane sia cambiata la vita delle corsie ospedaliere. Tornati a casa dopo aver passato la giornata (o il turno di notte) ad occuparsi di pazienti con infezione da COVID ci si puo’ veramente ancora considerarsi parte della soluzione o si diventa piuttosto parte del problema?

L’infezione da coronavirus è particolarmente pericolosa per gli anziani, per le persone già affette da patologie croniche (in particolare chi già soffre di patologie respiratorie) e per gli immunocompromessi.

E può succedere che quando un medico torna a casa dal suo turno di lavori, trovi ad aspettarlo un familiare che rientra in una di queste categorie di pazienti.

I consigli per i familiari anziani o affetti da qualche patologia sono gli stessi che valgono per tutta la popolazione: resta a casa, tossisci e starnutisci nella piega del gomito (o in un fazzoletto di carta, da buttare via subito) e lavati spesso le mani.

Già, ma cosa succede quando un medico rientra in una casa dove convivono più generazioni, i figli insieme ai nonni?

E’ noto che gli ospedali e le residenze assistenziali per anziani sono attualmente la fonte principale dei contagi. A Wuhan il 41% dei casi di COVID-19 è stato generato da un contagio correlato all’ospedale. Gli operatori sanitari sono ad aumentato rischio di sviluppare questa condizione e quindi di diffondere il contagio. Lo stress accumulato in tutte quelle ore passate al capezzale dei malati o nella bolgia dei pronto soccorso può lasciare il segno e indebolire un sistema immunitario comunque esposto ad un elevato carico virale. E a farne le spese potrebbero essere non solo medici e infermieri, ma anche i loro contatti più stretti. I familiari appunto. I medici e gli infermieri, più volte in questi giorni acclamati come eroi, cominciano ad essere guardati con sospetto, come possibili ‘untori’, diffusori del contagio.

Quindi la domanda che qualunque medico impegnato sul fronte del COVID19 oggi si pone è: “il mio impegno nei confronti della comunità può finire col mettere a rischio la mia famiglia a casa?”. Se medici e infermieri smettessero o non potessero più venire a lavorare sarebbe un disastro. Per i pazienti innanzitutto.

Nel dramma e nello sconforto generale di questa pandemia mondiale, la quale ci ha obbligati a rivedere le nostre abitudini, a riscrivere la nostra routine, anche la vita extraospedaliera dei medici non è andata esente da questo incredibile naufragio .Ci stiamo comportando da irresponsabili con le nostre famiglie?

Situazioni come quella che stiamo vivendo possono lasciare i medici incastrati tra l’impegno nei confronti della comunità e la responsabilità verso le proprie famiglie con importanti ripecussioni psicologiche.

21 Aprile 2020

Dott. Giuseppe Epifani