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Quando la Scuola riapriva il 1° Ottobre (…e per strada “profumo di mosto”)

Torre Santa Susanna da sempre è stato un Paese prevalentemente agricolo e per cui quasi tutti i suoi abitant provengono da remota civiltà contadina che oggigiorno, per ragioni lunghe e complicate da spiegare, ha molto meno di quella rurale caratteristca. Sono queste le nostre umili origini e dobbiamo esserne orgogliosi nel riconoscerlo, anche e soprattutto in quest tempi comunque migliori, che hanno fortemente trasformato la vita stessa di ogni giorno. A chi come il sottoscritto ha vissuto da ragazzino scavezzacollo il finire degli anni ’50 e poi da adolescente impertnente i favolosi ’60, sarà capitato di alzarsi dal letto quando ancora nel cielo di settembre non si vedevano le stelle, per andare in campagna con la famiglia a vendemmiare l’uva. Ancor prima “ il capofamiglia ” aveva preparato “ lu trainu ” e riempito “lu mmili ” di acqua che rimaneva fresca fino a tardi ed intanto la “ mamma ” metteva “ pani e pummitori ” in un tovagliolo di stoffa ruvida, per quando sopraggiungeva la fame. Si partva per i campi cullat dall’andamento lento e regolare del cavallo e una volta arrivat t svegliava una fresca rugiada che di notte si era posata sulla vigna ristorandola. Appena dentro quell’oasi di verde un buon odore t coglieva dai grappoli che via via si tagliavano, poi versat nei tni, e quando si scorgevano quelli più maturi, non si indugiava oltre a farli schioccare sotto i dent. Poi il sole piano piano vinceva del tutto la notte ed illuminando ogni cosa, non scorgevi altro che “ filari e filari ti vigna ”. Al più tardi finalmente in Paese, dove l’uva raccolta seguiva la strada “ ti lu palamientu ” che la lavorava per diventare il vino che, una volta bevuto, avrebbe fatto buon sangue, come insistevano a dire le Persone adulte. Pur ragazzino, in quei tempi settembrini, t sentvi “grande e rispettato”, perché era notevole il contributo di lavoro che assicuravi alla famiglia per tutto il tempo della vendemmia. In tutte le strade del Paese si sentva forte “l’odore del mosto in fermentazione”, che proveniva dalle grotte o dalle “Rimese” di quasi tutte le modeste abitazioni. Andando per strada, o giocando come solitamente ogni pomeriggio, si sentva provenire dai palment il tntnnio metallico dei torchi che schiacciavano i grappoli d’uva, facendo uscire il mosto dai colori diversi e dall’aspetto ancora torbido. Sono quest event che più ricordo ed ogni anno di quest tempi tornano spontanei i ricordi d’infanzia legat alla “campanella della Scuola Elementare di via Oria”, che ci riportava in classe il primo d’Ottobre , dove ritrovavi i compagni lasciat prima dell’estate e quel Maestro unico – da tutti chiamato” lu Professori ”, che per noi ragazzi era come un secondo Padre. Chissà perché, pur avendo studiato fino alla Maturità superiore, i migliori e più nitdi pensieri li ho delle Scuole Elementari e mi ricordo ancora quando andando a piedi, insieme ad un compagno vicino di casa, si arrivava alla Scuola dove al suono della campanella ci aspettava quel Professore avuto per i cinque anni: l’indimentcabile Bartolo Sasso, da tutti in Paese chiamato Bartoluccio . Era un maestro come i tant altri che a Torre all’epoca hanno lasciato un’impronta indelebile di umana professionalità ed erano molto rispettat per quello che di positvo davano ai ragazzi loro affidat. “ Lu Professori mia ” aveva molto esperienza, ed era tanta la passione che ci metteva nel suo lavoro che con noi superava ogni difficoltà; tutti avevamo compreso che ci considerava come fossimo figli suoi e facevamo a gara per ingraziarcelo; quando proprio era costretto, faceva finta di arrabbiarsi e lo schiaffo che voleva darci diventava quasi una carezza, anche se i nostri genitori più volte glielo ribadivano: Professò, tancili quannu li voli, ca poi a casa hai lu restu !!! Si dispiaceva quando non facevamo bene il nostro lavoro di scolari ma comunque sperava sempre che un giorno incontrandolo da adult e nel salutarlo, sentrsi dire: grazie Professò per averci aiutato a diventare bravi cittadini ed onesti lavoratori. Anche i genitori supportavano quei Maestri ed avevano fiducia tanto che non si sarebbero mai sognat di denunciarli se gli riferivano che i propri figli non studiavano quanto potevano. Pur umili che fossero, riuscivano a comprendere che se avevano riferito questo era verità e se succedeva che qualche ragazzo non era molto bravo e ripeteva l’anno, nessuno si sognava di dare dell’incapace al Maestro; il ragazzo poteva aveva una seconda possibilità, così come può accadere nella vita…e si accettava anche il consiglio di orientare il ragazzo verso qualche mestere, quando ci si accorgeva che lo studio proprio non gli andava e questo non per una assurda punizione, ma per far capire che ogni persona deve poter emergere nei campi in cui è più dotato. Di quei tempi tanto ancora sarebbe bello ricordare, anche per non perdere mai il ricordo dei nostri Nonni e giovani Genitori, che con il loro duro ma soddisfacente lavoro sull’amata Terra, portavano avant con dignità le loro famiglie. Forse anch’io ho perso per strada tanto di quel “piccolo mondo antco”, ma sono sicuro che sempre sarà nei miei pensieri e mai dimentcherò quel buon “profumo di mosto”.

Nicola Muscogiuri