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In aula l’omicidio di Angela. La madre: “se l’è cercata”

Fonte: lavocedimanduria.it

“Mia mamma era morta da poche ore. Chiamai nonna per dirle che era stato papà ad ucciderla. Mi rispose duramente: ‘Se l’è cercata. Non doveva separarsi'”. Queste le parole di Eleonora, figlia maggiore di Angela Dargenio, 48 anni, la manduriana di 48 anni uccisa con sei colpi di pistola dall’ex marito, la guardia giurata Massimo Bianco, anche lui di Manduria, sul pianerottolo di casa, nel quartiere Barriera di Milano, a Torino lo scorso maggio. La 26enne, madre di un bambino di 10, ha testimoniato ieri nel processo in cui il padre (difeso dall’avvocato Giacomo Casciaro) è accusato di omicidio volontario. Angela Dargenio si era separata da alcuni mesi dal marito, ma lui era rimasto a vivere nello stesso palazzo in cui vivevano anche i figli.

“Mia nonna disse che era stata colpa nostra”

Agghiaccianti le parole della nonna di Eleonora: “A mio fratello ha detto che era stata colpa nostra, perché non eravamo stati abbastanza vicini a nostro padre. Lei è sempre stata dalla sua parte, quando la domenica mia madre la chiamava veniva rimproverata per le sue scelte”. L’anziana non aveva neanche partecipato ai funerali della figlia.

L’omicidio di Angela Dargenio

Un agguato in piena regola l’omicidio di Angela Dargenio. Era il 7 maggio 2021 quando Massimo Bianco, aveva sparato e ucciso l’ex moglie, di due anni più giovane e come lui originaria di Manduria, nel Tarantino. Insieme da 20 anni, era stata la donna a prendere l’iniziativa, a chiedere la separazione. Abitavano nello stesso palazzo, lui al sesto piano, mentre Angela abitava al quinto.  “Avevo cercato di convincerlo ad andarsene dal palazzo — ha spiegato ancora la figlia, assistita dall’avvocato Stefano La Notte —. Gli dicevo che quella situazione non gli faceva bene. Ma nulla lasciava presagire quello che è accaduto”. La donna stava rincasando dopo avere fatto la spesa, lui l’ha aspettava sul pianerottolo. “Abbiamo avuto una discussione, altro non ricordo”, aveva confessato l’uomo ai giudici. “La pistola la portavo sempre come, non mi fidavo a lasciarla in casa: avevo paura che qualcuno potesse rubarla” ha aggiunto, motivando l’accusa di omicidio volontario.

Da Fanpage.it