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Diario di un giorno di Legalità- Ludovica Moccia

Sotto il sole caldo della Sicilia, oggi si celebra l’anniversario di uno dei momenti più bui della storia d’Italia: la strage di Capaci.
Trentuno anni fa, il 23 maggio 1992, la mafia fece tremare il paese con un atto di violenza inaudita, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta.
Questo tragico evento segnò un punto di svolta nella lotta contro la criminalità organizzata, ma ancor oggi suscita rabbia e tristezza nel cuore di ogni italiano.
A tal proposito nella giornata del 23/05/2023, presso l’istituto “Ettore Palumbo” di Brindisi ha avuto luogo l’assemblea delle scuole cittadine, invitando gli alunni a riflettere sul tema della legalità portando verso un confronto con gli esperti, tra cui lo scrittore Massimo Caponetto.
La mattinata ha avuto inizio con un video che illustrava la vita dei più grandi esempi di coraggio del nostro paese, due magistrati, amici e colleghi, che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la mafia, mettendo a rischio la propria sicurezza per il bene comune: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Giovanni Falcone, nato a Palermo nel 1939, è cresciuto in una città segnata dalla presenza e dall’influenza della criminalità. Fin da giovane, ha mostrato una forte determinazione nel combattere l’illegalità e l’oppressione criminale, proprio per questo intraprese la strada della magistratura, distinguendosi per la sua dedizione e la sua ossessione del giusto.
La fama di Falcone, tuttavia, raggiunse l’apice nel 1986, quando venne nominato capo del pool antimafia di Palermo. In questa posizione di grande responsabilità, Falcone riuscì a creare un team di magistrati e investigatori altamente specializzati, con i quali avviò una guerra senza quartiere contro la mafia siciliana. Attraverso
l’utilizzo di collaboratori di giustizia e una notevole abilità investigativa, Falcone riuscì a smascherare i meccanismi di potere delle famiglie mafiose e a far emergere la loro rete di corruzione e omertà.
10 febbraio 1986, una delle più grandi imprese del Magistrato Falcone è dettata da questa data, durante quel lunedì si volse il primo maxi processo della storia italiana che portò all’arresto di numerosi esponenti di spicco di Cosa Nostra, grazie alle confessioni dei pentiti Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno.
460 imputati di cui: 114 assoluzioni e 346 condanne dei quali 19 ergastoli.

Nato a Palermo nel 1940, Paolo Borsellino si distinse per la sua integrità morale e il suo notevole acume investigativo.
La tragica morte di Falcone fu un duro colpo per Borsellino, che decise di continuare il lavoro del suo amico con ancora più determinazione. Tuttavia, il destino fu crudele anche nei suoi confronti. Appena due mesi dopo la strage di Capaci, il 19 luglio 1992, Borsellino perse la vita nell’esplosione di un’autobomba che colpì il suo appartamento a Palermo.
La mafia cercò di eliminare una delle sue voci più coraggiose, ma non riuscì a spegnere lo spirito di lotta che aveva ispirato Falcone e Borsellino.

“Sentirsi parte di una sfida” così Massimo Caponetto descrive il lavoro delle due figure sopra citate, la mafia rappresentava per loro l’incarnazione di un sistema corrotto e opprimente, che doveva essere smantellato per garantire un futuro migliore alle generazioni successive.
Ogni passo avanti nella lotta contro la mafia era una vittoria, una dimostrazione che la giustizia poteva prevalere sul crimine organizzato. Ogni arresto, ogni collaboratore di giustizia che si presentava, rappresentava un tassello in più nel mosaico della verità che stava ricostruendo.
Le parole dello scrittore lasciano riflettere noi alunni che nel mentre interveniamo per sapere di più su un argomento di cui poco si sa: i metodi di intercettazione che utilizzano per scovare i mafiosi. A questa domanda ci vengono spiegate quali fossero i problemi e le risoluzioni ai tempi di Falcone con le tecnologie d’intercettazione e quali sono al giorno d’oggi i metodi comuni.
Dando spazio ad altri interventi, un ragazzo cattura l’attenzione chiedendo quale fosse al giorno d’oggi il rapporto tra mafia e politica, due ambienti che non sempre sono collocati ai poli opposti. “La mafia ha bisogno di legami stabili e con il sistema governativo politico attuale questa cosa non è possibile, di conseguenza l’organizzazione mafiosa si trova in difficoltà nell’istaurare un rapporto con la politica, cosa che prima era più semplice, citando per esempio le vicende e i presunti legami tra la mafia e il politico Giulio Andreotti”.
La mattinata si è conclusa con i ringraziamenti da parte della preside, degli esperti e soprattutto da parte nostra, perché ci hanno reso partecipi di un evento formativo importante per noi giovani, noi adulti di un domani.


Ludovica Moccia

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