la voce a Sud

blog d'informazione online – attualità, cronaca, notizie, cultura, storia, gastronomia, spettacoli, informazioni, aggiornamenti ed eventi dal territorio

cronaca

Mala, politica, droga e attentati a Brindisi: condanne definitive

La Cassazione conferma 15 anni e sei mesi per Raffaele Brandi, 12 anni e otto per il fratello Giovanni, 12 per Gerardi. Otto anni ai fratelli “semaforo” Lekli, latitanti dal 2011, Lococciolo e Contestabile. Il processo dopo l’incendio auto al presidente Multiservizi e i colpi di Kalashnikov ai silos Peritas

fonte brindisireport.it

BRINDISI – Condanne definitive dopo la pronuncia della Cassazione sull’attentato a colpi di Kalashnikov ai silos della società Peritas e sull’incendio auto dell’ex presidente della Multiservizi, così come su forniture di droga e su presunti legami tra mala e politica locale.

La Cassazione

cassazione ermellini-2

La suprema Corte, ieri sera, ha respinto i ricorsi dei difensori degli imputati, tutti a piede libero. Di conseguenza le condanne della Corte d’Appello sono state confermate e sono diventate definitive, quindi da scontare: 15 anni e sei mesi per Raffaele Brandi; 12 anni e otto mesi per il fratello minore Giovanni; 12 anni per Giuseppe Gerardi, ritenuto il braccio armato dei due Brandi e riconosciuto colpevole assieme a Giovanni Brandi dell’incendio dell’auto dell’avvocato Cosimo Pagliara quando il professionista era alla guida della Multiservizi e della sventagliata di Kalashnikov che fece piegare i serbatoi della Peritas, la società di Ferrero Cafaro con sede nella zona industriale.

Otto anni per i fratelli di origine albanese Arben e Vicktor Lekli, ricordati a Brindisi come i semafori umani per aver regolato per anni il traffico lungo il canale Patri. Sono entrambi latitanti dal 4 luglio 2011. Praticamente svaniti nel nulla. Stessa condanna per Lococciolo e per Contestabile

Il processo

Il terzo e ultimo grado di giudizio, quindi, mette la parola fine alla vicenda processuale scaturita dall’inchiesta che il 10 ottobre 2007 porto agli arresti, sotto la voce Berat Dia della Procura di Brindisi, sulla presunta esistenza di un gruppo di stampo mafioso operante in città e riconducibile ai fratelli Brandi, i cui nomi continuano a essere riportati nelle relazioni sull’attività dell’Antimafia, a dispetto delle professioni di innocenza. In questo filone rimase coinvolto l’attuale consigliere comunale Massimiliano Oggiano, vice presidente delle Assise: ha incassato la sentenza d’assoluzione definitiva – definitiva dalla primavera del 2018 – dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale, per le quali il pm aveva chiesto la condanna alla pena di sei anni e sei mesi. L’assoluzione affermata dal Tribunale, in accoglimento della richiesta del difensore Fabio Di Bello, e confermata dalla Corte d’Appello non è stata impugnata dal pg. Il collegio giudicante, nelle motivazioni, aveva affermato che “non vi è stata alcuna prova che abbia fornito vantaggi al sodalizio”. Anzi c’è stata evidenza del contrario.

In Appello le pene per gli altri imputati sono state ridotte di netto. Il taglio ha riguardato in particolare i fratelli Lekli  e Brandi, così come Gerardi, perché sono stati assolti dall’accusa di associazione finalizzata al traffico di droga “perché il fatto non sussiste”.

I fratelli semaforo latitanti e la droga

fratelli semaforo 1-2

I due Lekli, difesi dagli avvocati Raffaele Missere e Giuseppe Terragno, sono diventati introvabili due settimane prima della sentenza del Tribunale di Brindisi del 21 luglio 2011 che ha portato alla condanna di entrambi a 16 anni di reclusione per traffico di droga, con esclusione dei ruoli di capi e promotori. Avrebbero dovuto presentarsi in questura per firmare, essendo tornati in libertà per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare. Di loro non si hanno più notizie da allora, è come se fossero stati inghiottiti nel nulla.
La Corte salentina ha rideterminato la pena, dopo averli assolti dal capo di imputazione relativo al narcotraffico: otto anni più 30mila euro. La stessa pena è stata inflitta nei confronti di Antonio Lococciolo e di Gianfranco Contestabile, quest’ultimo difeso dall’avvocato Ladislao Massari. Per i fratelli Lekli, gli avvocati avevano chiesto e ottenuto una parziale rinnovazione dibattimentale ritenendo determinanti nuove intercettazioni ambientali e telefoniche. Stessa richiesta per Lococciolo di fronte a conversazioni rimaste fuori dal processo definito dal Tribunale di Brindisi.

Si trattava di telefonate sia in italiano che in albanese, sulle quali ha relazionato Luigina Quarta a cui ha conferito incarico la Corte, mentre la difesa ha chiesto la consulenza di Maico Turso sostenendo che l’oggetto dei dialoghi non fosse la droga, come sostenuto dalla Procura, ma porte blindate e materiale di carpenteria utile per l’attività che i fratelli Lekli rilevarono in Albania investendo i ricavi dell’attività di “semafori umani” svolta lungo il canale Patri dal 1990 al 2003. Lavoro che portò entrambi a ottenere la cittadinanza onoraria di Brindisi. Avrebbero rilevato un distributore di benzina per due milioni di vecchie lire, un albergo con undici stanze più un bar e infine avrebbero avviato una società per la commercializzazione di porte blindate, chiamata “Marisa”, dalle iniziali del nome dei figli di entrambi.

I fratelli Brandi e l’accusa di associazione mafiosa

BRANDI Giuseppe Raffaele, classe 1955-3

Nei confronti dei fratelli fratelli Giovanni e Raffaele Brandi difesi dagli avvocati Gianvito Lillo, Ladislao Massari e Alfredo Gaito, il Tribunale aveva riconosciuto l’accusa di essere stati alla testa di un gruppo di stampo mafioso per sette anni, a far data dal 2000, nel solco della vecchia Sacra Corona Unita. La Corte d’Appello ha “dichiarato di non doversi procedere nei confronti di Giovanni Francesco Brandi in relazione a due capi di imputazione perché estinti per prescrizione” e ha eliminato il relativo aumento per la continuazione, così residuando a suo carico la pena di 12 anni e otto mesi di reclusione.

Estinto in Appello, per prescrizione, anche un capo di imputazione contestato a Raffaele Giuseppe Brandi (nella foto accanto), con riduzione della pena a 15 anni e sei mesi.  In primo grado era stato condannato a 16 anni e sei mesi, il pm chiedeva 19 anni. Il fratello era stato condannato a 13 anni e otto mesi: il pm chiedeva venti anni di reclusione. In entrambi i casi la Procura riteneva che la “pena non appariva proporzionata al ruolo rivestito nella consorteria mafiosa capeggiata dal fratello nonché dalla vastità degli interessi perseguiti”. Basti pensare – si legge nel ricorso della Procura– “all’interessamento manifestato e attuato al momento dell’apertura del cantiere dove doveva sorgere il complesso commerciale Carrefour o alla capacità di ricorrere alla violenza per piegare la volontà di altri illeciti concorrenti nella gestione delle estorsioni”.

L’incendio dell’auto dell’avvocato Cosimo Pagliara

Francesco Giovanni Brandi

 “Alcuni episodi sono gravi come l’incendio all’auto dell’avvocato Cosimo Pagliara”, sosteneva la Procura. Pagliara era il presidente della Multiservizi: le fiamme sarebbero state il frutto di una “vendetta” per il licenziamento del più giovane dei fratelli Brandi, seguito all’arresto in flagranza per il furto di una vettura. L’incendio risale al 6 dicembre 2006.

Pagliara è parte civile e la Corte ha confermato le statuizioni in suo favore, a carico di Giovanni Francesco Brandi (nella foto al lato) e di  Giuseppe Gerardi (nella foto in basso). Nei confronti di quest’ultimo, difeso dall’avvocato Ladislao Massari il collegio salentino ha pronunciato assoluzione rispetto all’estorsione ai danni della Icost aderendo alla tesi del penalista e ha dichiarato un’altra contestazione estinta per prescrizione, riducendo la pena iniziale a 12 anni più 34mila euro di multa.

L’attentato ai silos della Peritas

Giuseppe Gerardi

La condanna di Gerardi si riferisce anche all’attentato ai danni dei silos della società Peritas dell’imprenditore Ferrero Cafaro, il quale non si è costituito parte civile: i serbatoi dello stabilimento furono presi di mira da “quattordici colpi di Kalashnikov, azione posta in essere la sera del 31 dicembre 2006”, anche questa di “natura intimidatoria” che, per l’accusa, sarebbe maturata “per ottenere la guardiania”. Le intercettazioni ascoltate nell’auto di Gerardi, una Renault, permisero anche di ascoltare le fasi della preparazione dell’esecuzione dell’attentato incendiario dell’auto di Pagliara. Prescrizione per Florenzo Borselli e per Roberto Brigida, quest’ultimo accusato di ricettazione.“